Da storia a storytelling: come emozionare e coinvolgere con la narrazione

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#Storytellingtips sono i miei consigli su come scrivere una storia perfetta con lo storytelling. Imparare a scrivere una storia perfetta è anche l’obiettivo di questa, della precedente e delle future due puntate con cadenza mensile qui sul blog della Dario Flaccovio Editore. Dividerai quindi la tua storia in quattro parti e a ogni puntata aggiungerai un blocco per renderla unica e, soprattutto, tua. Oggi ci dedichiamo a comprendere cosa è una storia, cosa è uno storytelling e le loro fondamentali connessioni. Impareremo anche come passare da una storia allo storytelling. Da sempre quando pensiamo a una storia ci vengono subito in mente uno o più luoghi, uno o più personaggi e degli eventi che siano in relazione tra loro. Questo è il significato materiale di ogni storia: la sequenza degli eventi che la compongono.

Esempio: “Un bambino vuole la felicità dentro una tavoletta di cioccolata.”

Se vogliamo aggiungere il come farà il bambino a raggiungere il proprio obiettivo, dobbiamo chiederlo allo storytelling. Quindi cosa è lo storytelling? È l’insieme di emozioni, intenzioni ed artifici che rendono coinvolgente una storia. Se la storia è la lista logica degli avvenimenti, lo storytelling ha il compito di enfatizzare questa lista logica rendendola appassionante per un pubblico di destinazione. Ecco la nostra storia come viene arricchita in uno storytelling:

“Un bambino vive in una topaia con genitori e nonni e sogna di comprare una tavoletta di cioccolata che al suo interno contenga il segreto della felicità.” Quindi se la storia è cosa viene raccontato, lo storytelling è come viene raccontato.

Grazie a:

1. Personaggi ben caratterizzati che attraggano il nostro pubblico;

2. Luoghi descritti in maniera visiva (ricordate lo “show don’t tell” della precedente puntata?);

3. Una struttura ben organizzata che renda avvincente la nostra storia;

4. Un’enfasi narrativa che emani le emozioni contenute all’interno della nostra storia. Il pubblico si deve immedesimare nella nostra storia.

Storia e storytelling: binomio imprescindibile

L’errore che si può fare è quello di pensare che le due realtà possano vivere separate l’una dall’altra. Una storia senza storytelling non è efficace per raggiungere gli obiettivi sopra descritti. Viceversa però, uno storytelling senza una buona storia di partenza non avrà la capacità di spiccare il volo per raggiungere e catturare le emozioni del nostro pubblico di destinazione. Nella precedente puntata abbiamo parlato dell’apertura della nostra storia, con relativo esempio e una #storytellingtip dedicata. Stavolta passeremo alla conseguenza dell’apertura ed enfatizzeremo tutto grazie allo storytelling. Ricordiamo l’apertura portata come esempio:

“Da piccolo volevo fare lo scienziato perché pensavo che la felicità fosse in una pozione oppure in un robot.

Poi un giorno la casa ha preso fuoco.

Bruciava tutto.”

Voi chiaramente vi ricollegherete alla vostra di apertura (spero) non a questa qui sopra. Se non l’avete scritta, fatevi un regalo, scrivetevela e se non ricordate come fare, date un’occhiata alla precedente puntata. La #storytellingtip dedicata al secondo passaggio della nostra storia è questa:

I CONTENUTI. I contenuti devono essere più coerenti possibili con i presupposti. Quello che è stato impostato nei presupposti, non può e non DEVE essere tralasciato nello svolgimento dei contenuti. Più i contenuti saranno lineari con i presupposti e più sarà semplice arrivare a una fine coinvolgente ed esplosiva. Se nei contenuti vengono aggiunte nuove informazioni, vanno giustificate in maniera chiara e CREDIBILE. Se i contenuti non rispecchiano i presupposti non sarà possibile arrivare a un finale irresistibile perché l’attenzione di chi ti sta seguendo sarà sviato verso un naturale: “e questo che c’entra ora?”

Quindi colleghiamo il secondo passaggio al nostro esempio:

“Da piccolo volevo fare lo scienziato perché pensavo che la felicità fosse in una pozione oppure in un robot.

Poi un giorno la casa ha preso fuoco.

Bruciava tutto.

Mai visto mamma e papà tanto preoccupati. I pompieri hanno spento il fuoco e la nostra casa sembrava stata colpita da un missile di un robot cattivo. Io ho provato a chiamare un robot per difenderla ma niente. Ho provato a fare una pozione ma non è tornata come prima.”

Perciò la conseguenza del nostro esempio è che i sogni del bambino non salvano casa sua che brucia nonostante i suoi sforzi per salvarla. E invece la conseguenza del tuo? Scrivimi al mio Linkedin, ne parleremo insieme. A chiusura di questa seconda puntata abbiamo un intervento autorevole di uno special guest, Piero Babudro.

Un viaggio chiamato storytelling

Lo storytelling è condivisione. Un atto di incontro tra identità che, seppure incastonate nelle loro diversità e nei loro limiti strutturali, hanno il profondo bisogno di riconoscersi l’una nell’altra. Ogni volta che raccontiamo o che ci facciamo raccontare una storia, stiamo creando uno spazio comune nato sotto il segno dell’accoglienza. Questo ci permette di confrontarci con l’altro, ma anche di fare esperienza di noi stessi. In questo senso, le storie non sono semplicemente un sistema integrato per comunicare fatti o eventi, quanto piuttosto uno strumento per comprendere il mondo e – lo dico senza la pretesa di apparire altisonante – la nostra stessa esistenza e le modalità in cui conviviamo con gli altri. Proprio per questo motivo, costruire una storia seguendo le regole che governano la narrazione diventa cruciale.

Una storia ben confezionata è sempre lo specchio delle gesta di un protagonista che si trova ad affrontare una sfida o una situazione complessa. Qualcosa che lo mette alla prova, che lo costringe ad abbandonarsi per poi ritrovarsi, forse, poco prima dei titoli di coda. Questo protagonista non è mai completamente solo, perché da soli si fa poca strada: è aiutato o influenzato da personaggi secondari che lo sostengono, lo spronano e lo mettono di fronte ai propri limiti. I limiti, le paure, i conflitti e le sconfitte annunciate sono il motore del movimento. Questo movimento diviene viaggio. Il protagonista intraprende un cammino di crescita che lo porta a raggiungere non solo un traguardo esterno – che può essere la soluzione di un problema o il superamento di un ostacolo – ma anche un traguardo interiore. Il vero fine del suo viaggio è la riscoperta di sé stesso, la scoperta di lati della propria personalità o delle proprie capacità che prima ignorava o non aveva mai esplorato. Lo storytelling, quindi, diventa molto più di un semplice racconto: è una sorta di rituale di trasformazione, un’uscita dalla zona di comfort delle storie che conosciamo, delle narrazioni ufficiali che ci rassicurano ma non ci sfidano. In questo percorso narrativo ciò che emerge è la complessità del vivere, un gioco di punti di vista che si intrecciano e che, attraverso l’esperienza del protagonista, ci offrono una nuova visione della realtà. Le storie sono il nostro modo di modellizzare il mondo. Grazie alle storie riusciamo a fare esperienza non solo del nostro macrocosmo interiore, ma anche di quello dell’altro. Ci confrontiamo con prospettive diverse. Osserviamo nuove versioni della realtà che arricchiscono la nostra visione delle cose. Raccontare è il più antico rituale di rinnovamento. È come se ogni storia ci aprisse una finestra su un nuovo mondo, un mondo che nasce dalla capacità dell’eroe di affrontare e, in qualche modo, salvare se stesso. Perché, in fondo, la vera sfida che il protagonista deve affrontare è sempre una lotta interna: salvare se stesso dai propri limiti, dalle proprie paure, dalle proprie incertezze. Da se stesso.

Storytelling: quando una storia può salvarci

In un mondo come il nostro, che pare aver smarrito i concetti di identità, le storie diventano essenziali. Ci aiutano a ritrovare un senso, a costruire un racconto di noi stessi che sia coerente, che ci dia stabilità in un momento storico in cui tutto sembra frammentato e precario. Allo stesso tempo, lo storytelling è anche uno strumento di coesione sociale. Le storie che condividiamo con gli altri ci uniscono, ci permettono di crescere insieme come singoli e come collettività, perché attraverso di esse creiamo legami, scambiamo esperienze, e costruiamo una visione condivisa del mondo. Raccontare storie, quindi, non è solo un atto di comunicazione, ma un modo per ritrovare e rafforzare la nostra umanità, sia come individui che come comunità. Salvare sé stessi attraverso una storia diventa, in definitiva, un modo per contribuire alla costruzione di un mondo più unito e consapevole. Ne abbiamo un bisogno disperato.

Andrea.Paolucci e Piero.Babudro

Andrea Paolucci è storyteller e blogger. Ideatore e attivista di Rock'n'Read. Ha pubblicato due raccolte di racconti e, online, il racconto "Il rave perduto" dal quale questo romanzo prende spunto.

Piero Babudro è un professionista della comunicazione specializzato in contenuti digitali, strategie e narrazioni d'impresa. Lavora in Italia e all'estero come consulente a fianco di aziende e agenzie, aiutandole a comunicare in modo efficace con obiettivi chiari e misurabili. In parallelo, svolge attività di docenza e di formazione aziendale.

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