Editor WYSIWYG: addio webmaster, benvenuto scrittore
/Lo strumento migliore per scrivere sul web è l’editor WYSIWYG di Medium, vanta Ev Williams, e probabilmente ha ragione. Scrivendo in Medium, quello che vedi è davvero quello che ottieni: l’editor non esiste più, esiste una pagina bianca da riempire di parole e pubblicare in un flusso di lavoro che non prevede il classico switch tra modalità di editing e anteprima, perché la scrittura avviene in uno spazio che corrisponde in tutto e per tutto al layout di pubblicazione. I pulsanti di formattazione, scompaiono pure loro. Quando appaiono, sono in un numero ridotto al minimo delle possibilità: grassetto, corsivo, titolazioni, collegamenti ipertestuali, liste, citazioni lunghe.
Oggi pensiamo, creiamo e produciamo con naturalezza contenuti testuali per Internet direttamente sulla (o attraverso la) rete. Non abbiamo bisogno di avviare applicazioni, configurare uno spazio di scrittura sul web, muoverci tra colonne e righe di opzioni e pulsanti — la maggior parte dei quali superflui — oppure passare in continuazione tra un’interfaccia di composizione e una di pubblicazione. Semplicemente, scriviamo e pubblichiamo, spesso e volentieri online in prima battuta, saltando il passaggio intermedio della preparazione del testo fuori dalla rete, una condizione (quella offline) che peraltro ci appare ogni giorno di più come uno stato innaturale.
Ed è proprio qui che entra in gioco Medium con il nuovo standard per i text editor dei content management system del XXI secolo: un punto di distinzione in un settore, quello dei blog e del self-publishing, dove la competizione tra WordPress, Tumblr e ora anche LinkedIn, è serratissima.
Editor WYSIWYG e le sue potenzialità
L’editor di WordPress, a confrontarlo con quello di Medium, sembra appartenere a un’altra epoca, quella dei primi editor WYSIWYG, quella che richiedeva l’intervento imprescindibile della oramai mitologica figura del webmaster. Il webmaster è stato a lungo per i nuovi media ciò che il compositore tipografico è stato per l’era della stampa, colui che annotava le parole dei testi da pubblicare su Internet con strani segni contraddistinti da parentesi uncinate.
Anche quando i software per costruire pagine web iniziarono a implementare un’interfaccia WYSIWYG, il supporto del webmaster restò obbligatorio per almeno un paio di ragioni, anzi tre.
La prima: Adobe PageMill o Macromedia Dreamweaver (oggi Adobe) erano progettati non tanto per produrre testo in una pagina web, quanto per realizzare siti web nella loro complessità. Una buonissima ragione per continuare a lasciare nelle mani del webmaster non solo la realizzazione e la gestione del sito, ma anche il trattamento del testo da inserire, seppure correndo il rischio di un suo impoverimento formale e strutturale rispetto all’originale ideale (scorrere su archive.org gli articoli di un qualunque quotidiano online degli anni novanta e rendersi conto di dove si concentravano parte dei risparmi degli editori).
La seconda ragione, discendente diretta della prima: il costo rilevante della licenza d’uso del software. Imputato all’infrastruttura tecnologica di cui il webmaster faceva di solito parte, il costo centralizzava di fatto la filiera produttiva dei siti web.
La terza e ultima ragione: incollare da Word, un disastro. Nella trasposizione “copia e incolla” del testo dalla finestra WYSIWYG del programma di Bill Gates alla finestra WYSIWYG del programma di pagine web accadeva che Word portasse con sé dentro il codice dell’HTML di Tim Berners-Lee tutta la sua armata di tag proprietari, provocando due conseguenze, entrambe letali, per la pagina web e a cascata il sito. Lato backend, il documento pubblicato si appesantiva a dismisura di kilobyte, compromettendone usabilità e fruibilità. Lato frontend, la formattazione specifica del documento Word si imponeva su quella stabilita a livello progettuale generale per il layout complessivo del sito, determinando una potenziale e dilettantesca dissonanza stilistica tra i testi pubblicati. Che fare? Lo sappiamo: lasciare che fosse il webmaster a occuparsi di spazzare via i tag di Word, ripulire il codice HTML e assicurare la coerenza stilistica del testo alle linee guida formali del sito.
I content management system come WordPress e i corrispondenti editor WYSIWYG hanno risolto in scioltezza i primi due problemi, ma hanno avuto bisogno di un piccolo, magico pulsante con l’icona del programma di elaborazione testi di Microsoft per venire a capo del terzo. Il pulsante “Paste from Word” incolla i testi da Word (appunto), li ripulisce di tutto il codice superfluo, dannoso e proprietario di Microsoft e e li rende pronti senza controindicazioni per la pubblicazione.
E il Webmaster? Il Webmaster diventa l’evangelista del copia e incolla consapevole.
L’editor di Medium, però, ci racconta un’altra, nuova storia, dove non c’è più neanche bisogno di opere di evangelizzazione. L’autore è immerso da subito nello spazio di condivisione del suo testo perché l’esperienza dell’interfaccia utente è contemporaneamente e contestualmente sia un’esperienza di lettura che di scrittura. Non c’è più un “prima” e un “dopo”, un “online” e un “offline”, l’autore e il Webmaster, Word e WordPress, il backend e il frontend. Tutte le mediazioni tecnologiche residue saltano: lo scrittore diventa il primo lettore mentre si (auto)pubblica.
Paolo Sordi
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