Facebook e Cambridge Analytica: come proteggere i tuoi dati
/Nelle ultime ore è cominciata la corsa degli utenti Facebook per proteggere i propri dati su Facebook dalla rete marketing di Cambridge Analytica, la società che avrebbe acquisito, tramite raccolta dati, le informazioni di almeno 214 mila persone (parliamo solo di italiani) utenti del social network più famoso e utilizzato al mondo.
Ma come fare a proteggere i tuoi dati e, prima ancora, a scoprire se come un piccolo pesce indifeso sei finito nella inclemente rete della società britannica, impigliato nelle complesse logiche del rapporto tra Facebook e Cambridge Analytica?
Facebook ha deciso di mettere a disposizione questo link per verificare la propria situazione e scoprire se Cambridge Analytica ti ha sottratto i dati.
Basta cliccarci sopra per tirare un sospiro di sollievo oppure cominciare a correre ai ripari.
Un dato è certo: mentre navighiamo online, ogni giorno, prestiamo il nostro consenso senza perdere troppo tempo e senza leggere tutte le condizioni a cui ci subordinano le app.
Se, ad esempio, nelle scorse settimane hai usato l’app che applica il filtro Hollywood alle tue foto, questo discorso ti riguarda da vicino.
Stesso identico ragionamento può farsi in relazione alla fruizione di altre app che, apparentemente innocue, consentono di farci scoprire a quale vip somigliamo, come saremo da anziani o quale fisionomia avrà un nostro ipotetico figlio.
“Accetta” e “consenti” vengono cliccati dai più alla velocità della luce senza realmente comprendere le conseguenze di questo gesto e spesso, pur comprendendolo, del tutto incuranti di ciò che può accadere.
Quando accettiamo le condizioni senza nemmeno scoprire quali esse siano, stiamo automaticamente cedendo i nostri dati, gusti, informazioni e contatti a scopi di marketing.
Piaccia o meno, facciamo tutti parte di un progetto più grande e il dato incredibile e che contribuiamo sorridendo, spesso ingenuamente, affinché questo progetto vada in porto giornalmente!
Hai presente il link che ti ho suggerito poco fa per visionare se sei caduto o meno nella rete?
Bene, devi sapere che Facebook consente anche di mostrarti quali sono le app che accedono al tuo profilo, in modo da permetterti di modificare le impostazioni. Basta cliccare qui per un uso più consapevole dei tuoi dati!
Una curiosità: una ricerca Ipsos ha permesso di comprendere l’orientamento dell’utente medio in merito a questa tematica e pare che addirittura il 40% degli intervistati non si sia nemmeno preoccupato di verificare le impostazioni del proprio account personale.
Qui si tratta di bilanciare interessi contrapposti: da un lato la voglia di scegliere liberamente quale app utilizzare, senza privazioni e timori, dall’altra invece la necessità di tutelare la propria privacy.
Forse, tutto dipende dal peso sostanziale che si dà a entrambe le esigenze e ciò ci spinge a una riflessione, a un dibattito in fermento anche in altri contesti, come ad esempio in ambito processuale nel contemperare l’esigenza di una stringente tutela della privacy in rapporto alle intercettazioni per lo svolgimento delle indagini giudiziarie.
La questione sollevata in questi giorni e che ha creato scalpore, era già stata affrontata dalla nostra autrice Rosa Giuffrè, consulente per la comunicazione digitale, formatrice e blogger, nel suo libro “Social Education: vivere senza rischi internet e i social network”.
Lungimirante e chiarissima, l’esperta ci aveva avvisati ampiamente sui rischi che si corrono divulgando i propri dati sui social. Ecco l’estratto del suo libro in cui affronta la tematica:
La vicenda, non è comunque passata inosservata, prima di tutto perché a finire sotto i riflettori sono stati anche i dati del fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, in secondo luogo Altroconsumo ha appena richiesto a Facebook il risarcimento danni per gli utenti i cui dati sarebbero stati venduti per fini politici.
In una nota Altroconsumo ha spiegato che “Facebook ha mostrato attenzione per i diritti degli utenti e il rispetto del ruolo delle organizzazioni di consumatori». Il direttore affari pubblici dell’associazione, Marco Pierani, ha spiegato che il social network si è impegnato «a darci una risposta entro le prossime due settimane”.
Il Working Party 29 (WP29), l’organismo che riunisce tutti i Garanti Privacy europei, sostiene totalmente l’impegno rivolto a effettuare le indagini, attualmente gestite a livello nazionale dalle varie autorità della Ue che riguardano l’utilizzo di dati personali da parte e tramite i social media. Inoltre, il WP29 annuncia la creazione di un Social Media Working Group per sviluppare una strategia concreta questo argomento. Un’iniziativa che rilancia alla proposta avanzata nei giorni scorsi dal nostro Garante Antonello Soro di estendere il mandato della task force, costituita per il caso Facebook-Whatsapp, anche alla vicenda Cambridge Analytica.
Andrea Jelinek, Presidente de Working Party 29, ha affermato: “Ribadiamo il nostro impegno nell’assistenza e nella piena collaborazione con il Garante inglese (ICO, Information Commissioner’s Office) nell’indagine aperta su Cambridge Analytica e Facebook. Siamo inoltre impegnati a collaborare tramite il Facebook Contact Group (formato dai Garanti di Belgio, Francia, Germania (Amburgo), Olanda e Spagna) per parlare con una voce unitaria in materia di social”.
“Siamo all’inizio di una nuova era della Data Protection. Una delle priorità fondamentali sarà la protezione degli individui contro l’utilizzo illegal dei loro dati personali sulle piattafrome dei social media”.
“Un social media multi miliardario che chiede semplicemente scusa non è abbastanza“.
“Mentre il caso Facebook-Cambridge Analytica è all’attenzione di tutti, il nostro obiettivo è gettare la nostra rete molto al di là (del caso specifico ndr) e pensare al lungo termine. E’ per questo che creeremo il Social Media Working Group. Tutto ciò che stiamo vedendo oggi è soltanto un piccolo esempio di una pratica molto più ampia di sfruttamento dei dati personali da parte dei social media per fini economici o motivi politici. Il WP29 è però totalmente consapevole del fatto che il problema è molto più ampio e riguarda anche altri attori, come gli sviluppatori di app e gli intermediari dei dati. Il lavoro di questo Nuovo Social Media Working Group continuerà dopo l’istituzione dell’European Data Protection Board (EDPB, che sostiuirà il WP29 dal 25 maggio con l’entrata in vigore del GDPR ndr). L’EDPB avrà un ampio spettro di competenze per assicurare l’applicazione concreta del GDPR”.
Passiamo alle buone notizie: tra poco verrà varato in Europa un severo regolamento per la protezione dei dati. Ma la questione, in realtà, va oltre la privacy, e anche oltre le ostiche schede di consenso che appariranno in rete.
La questione riguarda una semplice, essenziale domanda: quanto siamo capaci di discernere tra le offerte, commerciali e non, che la rete ci propina dopo averci profilati come si deve? Riguarda la nostra capacità di cercare informazioni in rete e riguarda il fatto che tutto ciò che cerchiamo, guardiamo, compriamo, scriviamo e pubblichiamo in rete si trasforma in una sorta di tatuaggio che dice a caratteri cubitali: “siamo commerciabili”.
Si pensa poco anche alle conseguenze sociali di una scrupolosa profilazione dei nostri dati: in futuro potrebbe essere usata per porre in essere atti discriminatori, nei confronti di chi cerca un lavoro, chiede un prestito, vuole chiedere di usufruire di un servizio o affittare un immobile.
Facebook e Cambridge Analytica: le dichiarazioni di Zuckerberg e della società britannica
Torniamo un attimo indietro, alla spinosa vicenda che coinvolge i dati di ignari utenti Facebook e le azioni della Cambridge Analytica, chiedendoci adesso cosa ha dichiarato Mark Zuckerberg.
Il CEO di Facebook pone in evidenza la necessità di garantire la sicurezza degli utenti, forse per evitare attacchi troppo brutali da parte dei media: “In generale noi raccogliamo anche i dati di persone che non sono iscritte a Facebook per ragioni di sicurezza”, ma non ha neanche puntualizzato quali, confermando quanto emerso su alcune testate americane in queste settimane, ma mai ammesso direttamente dalla società.
Ha anche confermato che la società non si era accorta che i propri dati erano stati venduti a terze parti e di aver appreso solo dai giornali del caso Cambridge Analytica: “A volte ci capita”.
Viva la sincerità!
Zuckerberg in Senato: “presto nuova versione Facebook a pagamento”
Poche ore fa, Zuckerberg ha annunciato al Senato degli USA che Facebook potrebbe lanciare una nuova versione a pagamento priva di annunci pubblicitari per proteggere l’utente . Vale a dire: se puoi pagare per tutelarti, buon per te, ma se sei un utente ordinario farai i conti con il rischio che ti sottraggano i dati. Non sarebbe già una discriminazione bella e buona?
Cambridge Analytica, invece, ha controbattuto ad ogni attacco difendendosi a spada tratta: “Non abbiamo hackerato Facebook, né infranto le leggi, non abbiamo influenzato il referendum sulla Brexit, raccogliamo dati solo con il consenso informato” spiegando di aver ricevuto i dati dalla società di ricerca General Science Research, che li avrebbe ottenuti illegalmente tramite uno strumento fornito proprio da Facebook!
Insomma, un cane che si morde la coda, ma a guardar bene, a pagarne le conseguenze siamo sempre noi. Spesso consapevolmente.
Alessandra Litrico
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