Ma a che serve la SIAE? A fare multe ai locali?
/Qualsiasi figura professionale ruoti, professionalmente ma anche amatorialmente, attorno al mondo della musica, sa cosa sia la SIAE, a che serve e cosa significhi per il settore. Chi invece è un semplice ascoltatore musicale o non è all’interno del mondo della produzione musicale, della produzione editoriale o dei media, conosce la SIAE solo ed esclusivamente perché deve pagarla quando organizza la festa per il diciottesimo compleanno della figlia o per il proprio matrimonio. La reputa una sorta di tassa, anche se non capisce su cosa.
In realtà la Società Italiana Autori ed Editori è molto di più e coinvolge tutti molto più di quanto si pensi.
A che serve la SIAE e come funziona
La SIAE è una società pubblica a gestione privata che tutela il diritto di un autore (ad esempio un cantante) di avere dei proventi per lo sfruttamento altrui di una propria creazione. Principio sacrosanto, non è vero? Si, il principio è sacrosanto, ma un’organizzazione così ampia e delocalizzata come la SIAE approfitta di questo per effettuare delle vere e proprie estorsioni, spesso ingiustificate e senza pari in Europa.
Come la prendereste se qualcuno, al momento dell’acquisto di un set di coltelli, vi dicesse: “Ti condanniamo preventivamente a 3 mesi di galera, perché con quei coltelli potresti uccidere qualcuno”? Ovviamente urlereste allo scandalo e ci sarebbero interrogazioni parlamentari in merito. Con la SIAE però funziona esattamente così:
- compri dei supporti vuoti come un CD o una chiavetta USB? Paghi la SIAE perché potresti utilizzarli per piratare musica o idee tutelate
- Apri una radio su Internet? Paghi la SIAE anche se guadagni zero perché sfrutteresti il lavoro degli artisti per tuo proprio tornaconto.
Capite bene che questi comportamenti sono la negazione stessa della logica. Davvero sono le radio o i media a sfruttare il lavoro degli artisti o sono piuttosto gli artisti e le case discografiche ad avere bisogno dei media? Se è così, perché richiedere compensi in tal senso?
Oggi, fortunatamente, almeno nel mondo dei nuovi artisti e della musica indie, c’è una tendenza all’allontanamento dalla SIAE perché anche per gli autori rappresenta un costo, spesso con un ritorno risibile, principalmente dovuto a borderò (il documento che attesta i brani utilizzati durante una performance) assolutamente obsoleti e poca promozione alle spalle.
Esistono realtà, come patamù, che permettono di avere riconosciuta la paternità di un brano senza passare dalla SIAE. Nessuno infatti nega che sia giusto che la proprietà dell’idea sia salvaguardata, ma questo deve necessariamente implicare costi per la voglia di diffusione di tale idea?
Quindi… ma a che serve la SIAE sotto quest’ottica? Davvero agli autori dispiace che la loro musica o i loro testi vengano espressi nell’aria, su Internet, nei locali, in modo incondizionato? Non lo credo, perché tra gli ascoltatori che non ci sono perché non si possono sostenere tali costi, forse qualcuno avrebbe comprato il tuo album.
Fabrizio Mondo
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