Dall’ascolto del cliente alla costruzione di un brand
Il web è ormai maturo, sono passati i tempi in cui questo nuovo universo digitale in espansione era riservato a pochi nerd eletti.
Se 10 anni fa la rete era presente in un esiguo numero di case, oggi è andata oltre, è con noi 24 ore su 24, ovunque a portata di click, ehm… di dito.
Il web cresce sempre più e raggiunge tutti gli strati sociali, da strumento di nicchia è diventato una vera e propria estensione delle nostre menti e quindi delle nostre vite.
Di ciascuno di noi, non importa chi siamo e cosa facciamo. Dal dirigente d’azienda fino alla casalinga, la rete è sempre presente, accanto a noi. Nel cellulare che abbiamo in tasca o davanti ai nostri occhi, sullo schermo del PC o della smart TV. Se per alcuni si tratta di un passatempo, di un gioco, per molti altri è una risorsa di cui non si può più fare a meno.
Basti pensare a come il web si è evoluto in pochi anni e come sono mutati i sistemi di fruizione con cui vi accediamo: solo qualche anno fa, internet significava “mouse” e oggi gli accessi touch, attraverso il dito, e lo smartphone, il tablet, hanno superato gli accessi da mouse dei dispositivi desktop, il caro e vecchio computer fisso.
Internet ha cambiato il corso della storia, i costumi e le abitudini di tutti noi. La carta stampata è in crisi, Blockbuster non c’è più e pure gli SMS non stanno tanto bene, anch’essi inghiottiti dalla rete e sostituiti dai messaggi privati scambiati via social network o messaggistica istantanea, da Facebook e Whatsapp.
La fruizione di molti servizi si è spostata in rete e i motori di ricerca, Google per primo, sono diventati validi alleati delle persone per la ricerca di ogni tipo di informazioni.
“Quando è nato Cristoforo Colombo?”, “Qual è la capitale della Cambogia?”, “Quando c’è il prossimo concerto di Vasco e quanto costa?”.
Tutte informazioni ormai raggiungibili con un paio di ditate sul vetro del nostro smartphone. Miliardi di pagine con informazioni, prodotti e recensioni di servizi disponibili in tutto il globo nello stesso istante. In questo oceano digitale, però, sempre più persone e aziende cercano di trovare la loro visibilità, ci vogliono essere sempre più partecipanti alla grande festa del web. La torta è sulla tavola, ma la tavola è così grande che chi ne distribuisce la fetta rischia di non vederti.
Se anni fa era sufficiente conoscere le basi del linguaggio html per creare un sito, oggi si può fare senza competenze tecniche, ma la vera sfida è renderlo visibile. Una sfida che senza tecnica e preparazione non si può vincere.
Oggi c’è bisogno di esperti, o meglio di supereroi dell’Interceptor Marketing, capaci di veicolare le informazioni e il messaggio delle aziende per mostrarle a chi le sta cercando.
C’è bisogno di qualcuno che accenda un riflettore sulla parte della tavola in cui ti sei seduto, in modo che tutto quello che dovrai fare sarà aspettare la tua fetta di torta.
E per fare questo c’è bisogno di personale qualificato, in grado di fare meglio degli altri competitor che stanno lavorando con lo stesso obiettivo.
In questo libro Benedetto riesce benissimo a spiegarci come, e lo fa con la solita simpatia che lo caratterizza.
Capire in quale contesto si opera è fondamentale, ancor più importante è capire come soddisfare un bisogno o un’esigenza specifica. Il vantaggio che si può avere è quello di conoscere gli strumenti giusti per intercettare una persona, un consumatore, soddisfare la sua esigenza e ottenere così una conversione per il nostro cliente.
Il cliente e il cliente del cliente. Ecco cosa facciamo. Dobbiamo soddisfare due esigenze in un colpo solo, prendere due piccioni con una fava.
Il percorso che stai per intraprendere leggendo questo libro ti porterà a toccare i processi mentali e operativi che servono per adempiere a questa sfida.
Una cosa è certa, la regola delle 10.000 ore varrà anche per te come lo è stato per il sottoscritto e per l’autore.
Conoscere le basi, l’ecosistema e gli elementi che lo compongono è importantissimo, ma l’esperienza viene dal lavoro sul campo, dalla somma di tentativi, errori e successi che accumulerai.
Maggiore sarà il tempo che dedicherai a fare test sul campo, migliori saranno i risultati che man mano riuscirai a raggiungere.
Con un costante allenamento e seguendo le indicazioni di questo libro, diventerai anche tu un supereroe dell’interceptor marketing.
Individua il target, entra nella nicchia, raggiungi il tuo audience.
Questo libro è tuo il primo passo!
1. Per iniziare
1.1. Perché interceptor marketing
Lo so, lo so: serviva proprio una nuova definizione di inbound marketing? Non è pretestuosa?
Mettiamo subito le cose in chiaro: da copywriter intuisco che è il titolo ad attirare l’occhio del lettore. Da cinefilo volevo tributare quel gran film di fantascienza apocalittica che è Mad Max.
“Ma cosa diavolo c’entra Mel Gibson con il marketing?” C’entra, eccome. Tutto è Marketing: viviamo nell’epoca d’oro dell’anarco-capitalismo, no, non sono stati gli anni ‘80 ma questo periodo storico in crisi praticamente in ogni settore. Tranne uno: il digitale.
Il digitale che ha cambiato le regole sociali e il modo di percepire il mondo: chi fa marketing non può esimersi dall’essere anche un po’ antropologo.
Non è una elucubrazione mentale da fondo del bicchiere, ma la pura e semplice realtà in cui ci muoviamo; negli ultimi anni della rivoluzione digitale, l’Uomo è diventato Utente, senza voler fare etica in fondo è così.
L’Utente è tale in quanto utilizza dei servizi, questi ultimi si stanno sempre più spostando sul digitale: persino le vetuste e lovecraftiane istituzioni italiane, con i loro tempi, stanno iniziando a “traslocare” le proprie funzionalità online.
I rapporti sociali e di interazione con il mondo sono stati i primi a essere stravolti. Perché anche se a cambiare sono i mezzi di comunicazione, anche questi ultimi hanno cambiato noi.
Ribadisco, e spero di farlo solo poche altre volte, non darò mai un giudizio etico sul cambiamento di queste dinamiche: è così, punto. Fare l’hippy bastian contrario ti relegherà all’eremitaggio tecnologico, a una sorta di auto-bandimento da paria 2.0.
Il mondo intorno continua e continuerà a correre che nemmeno Barry Allen. In fondo, qualsiasi grossa scoperta dell’Uomo (ops, Utente) nella Storia ha portato a stravolgimenti. Dal fuoco che ha scacciato i demoni dell’oscurità all’aereo che ha rimediato in parte al disgregamento di Pangea passando per la scrittura che fa rivivere gli echi di chi ha vissuto prima di noi.
Conoscenza, Spazio, Tempo. Le grosse innovazioni hanno toccato di volta in volta uno di questi tre ambiti. L’innovazione digitale, per prima, li ha ribaltati in un sol colpo.
La conoscenza è accessibile a tutti, almeno nei paesi considerati post-industriali, lo spazio è quasi annullato e il tempo ha ormai l’unica funzione di Parca con in mano il fine ultimo della nostra vita.
In soldoni: puoi reperire qualsiasi cosa, in qualsiasi luogo connesso e in qualsiasi momento.
Vuoi che questo non abbia cambiato il marketing?
Questo cambia TUTTO. Sono finiti ormai da tempo i jingle di un futuro migliore, l’orgia consumistica dell’epoca del Principe cerca moglie è solo un lontano ricordo.
I miei nonni non avevano tantissimo, ma neanche erano poveri in canna: in casa la televisione e la lavatrice c’erano. Prodotti robusti, destinati a durare decenni come orgogliosamente recitavano i claim di caroselliana memoria.
Perché si veniva dalle bombe e le persone ancora si salutavano per strada.
I miei genitori avevano di più e si potevano permettere anche altro: il salotto buono pieno di cazzatelle in casa c’è a tutt’oggi e se si spaccava qualcosa perché qualcuno (io) tirava le cannonate con il Supertele in casa che neanche Oliver Hutton, semplicemente si ricomprava. Tutto aveva vita breve, perché domani avremmo avuto ancora e ancora di più.
La coperta era lunga e le persone si davano il cinque per strada.
Noi abbiamo quello che ci interessa e se ci permettiamo altro è perché su eBay c’è una buona offerta o su TripAdvisor compariamo gli alberghi.
La coperta è stata buttata senza potersi permettere un piumone e le persone si mettono i Mi piace agli status su Facebook.
Ancora: vuoi che questo non abbia cambiato il marketing?
PHILIP KOTLER, uno che queste fasi le ha vissuto tutte, asserisce:
«il marketing […] cambierà di continuo, mettendo sempre in discussione le cose che abbiamo appreso e diamo per scontate.»
Se lo dice lui, tendo a crederci in modo piuttosto religioso, non so te. Nel momento storico in cui sto scrivendo questo libro, le attività di marketing più efficaci vertono tutte in una direzione: farsi notare sopra il buzz, o se preferisci il più italico e colorito “casino”, degli attori del tuo settore.
Messa in questo modo, sembra non essere cambiato nulla, in realtà cambia un aspetto fondamentale: l’approccio.
Non sei più tu, non è più il tuo prodotto a dover fare il primo passo, ma è l’utente a farlo: metti il vestito buono della festa e soprattutto prendi lezioni per questo nuovo ballo: “il risolutore”.
L’utente viene da te per un solo motivo: usarti.
Potrà scenderti anche qualche lacrimuccia a questa idea ma tieni conto che tornerà solamente se sarai stato in grado di soddisfare il suo bisogno, se hai risolto un suo problema. Tu hai fatto tanto per prepararti e quello ti ringrazia così, la cavalleria è proprio morta: a volte dovrai anche penare per avere una parola gentile, un feedback positivo, perché del resto quello che hai fatto per l’utente è un atto dovuto. Si tratta del mercato digitale, bellezza.
Sei solo una delle possibili soluzioni a un problema, fra le altre sulla prima pagina di Google o negli aggiornamenti di stato degli amici che consigliano l’utente.
Quanta fatica per intercettare i favori di questo Homo Digitalis, neanche fosse un dio capriccioso. Parafrasando ANDRÉ GIDE, sembra quasi che la sua caratteristica principale sia la crudeltà.
Non può che essere altrimenti: l’utente è così bombardato di informazioni tanto da diventare insensibile in ogni fibra del suo corpo, tranne che per quelle dell’indice della mano: un click separa l’essere scelti dall’essere scartati e in questa operazione non c’è rimorso.
Solo una spasmodica, edonistica, genuina e dannatamente sensata ricerca della risoluzione di un problema: dal “dove andare a mangiare all’Eur” ai “rimedi per la congiuntivite” (stare 10 e passa ore davanti uno schermo fa venire fame e male agli occhi).
Ha senso lottare contro questo Leviatano, questo Chtulhu? Diamine no! Sei un professionista del marketing, un cultista dell’Utente, posa questo libro e fila a soddisfare sua Maestà! Anzi, aspetta, l’idea è di darti qualche dritta per aiutarti a farlo.
Spero di riuscirci!
1.2. A chi mi rivolgo
Questo libro non è per tutti ma non perché sia complesso (anzi, spero risulti ridicolmente facile) o elitario. Scoprirai che ogni 21
azione di marketing, meglio di interceptor marketing, DEVE avere un target, un utente tipo di riferimento. Bella rivoluzione dell’acqua calda vero?
Fosse così, non sentirei più frasi del tipo “il nostro cliente ha da 0 a 99 anni” che nemmeno nelle scatole dei puzzle scrivono più tale baggianata.
Quindi, a chi sono rivolte queste pagine?
Agli interceptor marketer in erba, ovvero a chi sta iniziando da poco ad utilizzare gli strumenti inbound per conquistarsi i favori dell’utente.
Ai SEO e ai social media marketer con il pelo sullo stomaco ma che ne hanno ancora qualcuno sulla lingua. Mi piace pensare inoltre alle due categorie che, nella mia piccola esperienza, ragionano poco in ottica interceptor: gli esperti IT e i giornalisti della carta stampata.
I primi, che con il clown malvagio condividono solo la sigla e il pallore, per il resto sono seriosissimi, probabilmente scontano questa eccessiva forma mentis inquadrata.
I secondi, che sognano le comode poltrone di Porta a Porta dalle loro scomode sediole da redazione, sono divisi fra la missione informativa e i nuovi modelli di business editoriale.
Ragazze e ragazzi, si fa per sorridere ma in fondo sono pragmatico: bisogna ragionare in ottica di avere un ritorno, siamo pur sempre in economia di mercato.
Nessuno comprerà un software se non capisce quale problema potrebbe risolvergli e lo stesso signor Nessuno preferirà l’articolo leggero alla terribile analisi geopolitica di un paese che forse esiste nel Risiko. Il problema è quando questo signore coincide con quello che, da analisi di listening (ne parlo dopo), dovrebbe essere il tuo utente tipo: dovrai iniziare a pregare il tuo penato.
Infine, l’auspicio è che questo libro possa interessare e intercettare a sua volta il bisogno di visibilità di imprenditori navigati o mozzi del Mare Magnum del mercato, una categoria di utente tipo con la quale spesso mi interfaccio operativamente ma meno sul fronte “formativo”.
Se fai parte di questi ultimi, fammelo sapere: mi farebbe davvero piacere e sarebbe un bel punto per la mia autostima, che non fa mai male!
1.3. Creare soluzioni per essere scelti
Se sei uno dei professionisti con il pelo sullo stomaco, puoi anche saltare a piè pari questo paragrafo: tutti gli altri, fermate le dita!
Per questa primissima fase devi «disimparare ciò che hai imparato» come dice il Maestro Yoda. Quindi scordati cosa ti diceva la mamma, di evitare di cacciarti nei guai. Prega, anzi, che la tua vita da interceptor marketer ne sia piena come quella del Blasco.
Perché tu sei la soluzione o, in modo più preciso, sei tu quello che deve trovare il modo di risolvere il problema per essere scelto dall’utente. Risulta molto più facile avere sempre buone risposte che ottime domande: ecco perché devi essere quello che i quesiti se li pone. Non per continuare nel solco della tradizione rinascimentale, ma perché devi sapere che problemi ha il signor Nessuno. Fidati, ne ha tanti e fra i più disparati e incredibili.
Mettiamo che il personaggio in questione abbia problemi di alitosi che in confronto i bagni dell’Autogrill profumano.
Spegni per un attimo quel sorrisetto e pensa: come cerca su Google la soluzione a questo suo problema sociale, informandosi sulla patologia, cercando un prodotto o un professionista? Sui social tende a parlarne ai suoi amici più stretti oppure sbandiera ai quattro venti che le gomme alla menta ghiacciata non funzionano affatto?
Queste sono le domande che TU come professionista dell’interceptor marketing devi porti: quali sono le domande del tuo utente tipo e come queste lo definiscono.
Non è un caso che i SEO più scafati e i social media marketer più empatici riescono perché sanno “creare soluzioni per essere scelti” da chi ha uno specifico bisogno.
Anzi, ti dirò di più, molti casi studio di successo che ho potuto apprezzare (alcuni li cito in questo libro) sono costruiti per dare una risposta a un’esigenza che lo stesso professionista aveva.
Quindi, sapeva come ci si sentiva e con quali termini si ricercava sul motore di ricerca, e quale era il timbro da utilizzare sui social.
Se tutto questo ti suona come fanatico della pre-tattica di sacchiana memoria, sappi che gran parte della riuscita del tuo lavoro dipende da questo tipo di attività. Sì, durante il lavoro operativo sul canale search dell’inbound marketing (quindi di ottimizzazione sui motori di ricerca) così come nella gestione delle critica del canale social possono intervenire mille e più fattori che ti faranno rivedere il tuo bel piano di battaglia.
Per questo, l’unico manuale utile è la tua esperienza, che scriverai pagina per pagina della tua vita lavorativa.
Ci sono ottimi libri che tecnicamente ti spiegano come fare SEO o come utilizzare Facebook, Twitter e compagnia socializzante.
Questo non è un libro tecnico.
1.4. Costruirsi un brand da signor Wolf
Il signor Wolf è il leggendario personaggio di Pulp Fiction che toglie dai guai Vincent e Jules, i due protagonisti del film.
Fin dalla sua apparizione si presenta come estremamente competente, preciso, puntuale e un filo ironico, insomma il perfetto interceptor marketer.
«Sono il signor Wolf, risolvo problemi» è una frase cult. Al posto di Wolf, mettici il tuo nome. Dovresti risultare sempre così.
Più in esteso, tutto il tuo personal brand dovrebbe essere interpretato in questi termini: il professionista in grado di risolvere il problema del ROI (return on investement) e/o di ROE (return on engagement) che ha il cliente.
A livello piramidale, scoprirai che tutta la tua professionalità è un risolvere problemi, la cosa è traumatizzante se a scuola andavi male in matematica, ma di tutt’altri numeri si parla questa volta.
Quelli che a fine mese ti permettono di pagare le bollette.
BISOGNI DELL’UTENTE TIPO
Nella piramide rovesciata del problem solving, i bisogni dell’utente sono i più importanti, e se tiri la coda lunga del marketing (Chris Anderson, 2004) anche quelli più estendibili. Risolvi e, almeno in teoria…
BISOGNI DEL CLIENTE
…risolverai buona parte dei problemi del cliente, ovvero centrare i KPI (Key Performance Indicators, gli obiettivi insomma) che ti sei proposto di raggiungere per fargli ottenere il ROI desiderato. Nella pratica possono subentrare alcune variabili, dall’errata stima degli obiettivi alla gestione del rapporto con il cliente, ma ne parlo più avanti.
I TUOI BISOGNI
La piramide è rovesciata per DUE motivi, il primo è che non sei tu il faraone, il secondo è dovuta alla strettezza del cuneo. I tuoi bisogni, traducibili nell’avere la fattura pagata, fregano solo a te e dipendono dalla soddisfazione degli altri.
Com’è quel meme?
1.4.1. Scoprire la tua nicchia
Dovrebbe essere ovvio, non puoi risolvere tutti i problemi del mondo. Altrimenti non saresti Winston Wolf ma Superman.
Questo vuol dire che la cosa migliore sarebbe specializzarsi in uno specifico settore di mercato, in quanto con l’esperienza non solo diventeresti un punto di riferimento come esperto nell’intercettare i bisogni degli utenti che, ad esempio, vogliono fare un viaggio in Oriente, ma il lavoro sarebbe più in discesa che ri-scoprire ogni volta, da zero, i bisogni di uno specifico utente tipo.
Dico “sarebbe” perché nella realtà pratica dei fatti, specie in tempi di crisi, ti troverai a rapportarti con i clienti più disparati, caro il mio Kal-El.
Sono un convinto sostenitore della saggezza popolare e quindi, “bisogna fare di necessità virtù” ignorando – anche se non del tutto – per una volta quel fulminato di Benjamin Franklin per il quale “la necessità non fece mai un buon affare”.
Insomma, specializzarsi come esperto signor Wolf di un settore di mercato è la scelta migliore ma, visti i tempi, non bisogna precludersi settori inesplorati sempre prendendo il meglio, ovvero mantenendo una mente elastica a intercettare i bisogni di nuovi utenti tipo.
1.4.2. Essere i migliori in qualcosa, non in tutto
Inoltre, così come non puoi risolvere tutti i problemi, non puoi neanche essere tanto competente da ricoprire, per lo meno nella stessa attuale vita, più ruoli.
In soldoni non puoi essere contemporaneamente SEO, SMM, copywriter, AdWords specialist, web designer. Per quello esistono le agenzie, dove ognuno ricopre un ruolo specifico.
Considera poi che, se sei un freelance, ci sono già talmente tante di quelle cose che ti toglieranno la voglia e il tempo di lavorare (una su tutte, la gestione fiscale) che pensa se riuscirai a essere super-competente in ognuna delle aree dell’inbound (e persino dell’outbound) marketing.
Fra l’altro rischi di perdere tantissimo in credibilità per due motivi principali:
- nessuno si fida dei fenomeni
- anche se lo facesse, nessuno è in grado di fare tutto al 100%.
Su questo non c’è crisi che tenga: puoi pure prendere un cliente di un settore di mercato su cui non hai mai lavorato, è una bella sfida, ma non puoi inventarti una professionalità che non hai da zero.
Un ortopedico può essere specializzato nelle operazioni al femore e sa anche curare un piede rotto ma non credo si metta ad operare a cuore aperto al posto di un cardiologo.
Il concetto è quello. Però, facendo un balzo nel mondo dei giochi di ruolo, nessuno ti vieta di essere specializzato in più di un ambito (senza esagerare).
Ad esempio, io mi guadagno da vivere come SEO e copywriter, con un netto vantaggio sulla prima attività rispetto la seconda, che comunque amo e studio al pari dell’ottimizzazione sui motori di ricerca.
So di cosa stiamo parlando ma sicuramente non mi affiderei mai a me stesso, ad oggi, per la gestione di campagne AdWords o nel restyling grafico di un sito web (questo neanche fra 100 anni).
In questo caso, fa bene a tutta la piramide rovesciata dei problemi coinvolgere altre figure professionali, che tu sia un freelance o un’agency, sia per fare Rete sia per aumentare la tua credibilità.
Sì, la collaborazione conviene ed è una situazione WIN-WIN, ecco perché la preferisco. Non perché sono un puffo o un radical-chic dell’etica.
Non voglio però uscire dall’intenzione di queste pagine, che è appunto “Promuovere per soddisfare”.
Se ti interessano le tematiche del personal branding non posso che consigliarti il libro dell’ottimo RICCARDO SCANDELLARI Fai di te stesso un brand.
Benedetto Motisi
Ho tenuto e tengo corsi per Upter, Politecnico di Milano, DoLab School di LUISS.
Aiuto ogni giorno singoli e aziende a trovare la giusta visibilità sul canale Search.
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