Come avviare una startup – Storia di un’idea

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Prefazione

Quando Massimiliano mi ha raccontato questo libro e mi ha chiesto di partecipare non ho potuto dire di no. Per la prima volta un testo pensato per raccontare 20 anni di internet in Italia, dove vengono raccolte le interviste a grandi player che abbiano saputo fare la differenza e passare da startup ad azienda milionaria. Ma come hanno fatto? Quali elementi comuni li caratterizzano? Come diventare il prossimo imprenditore di successo?

Se hai scelto di leggere questo libro forse anche tu stai cercando la strada giusta. Oppure ti piacciono le storie di quelli che cambiano il mondo. Le storie di vita vissuta. Le storie che fanno sognare. Le storie che insegnano. Le storie di quelli che ci provano. Le storie di quelli che ci riescono. Ma anche le storie di quelli che falliscono ma non si arrendono, subito pronti a riprovarci. E magari ti chiedi: “ma come fanno?”. Prima di immergersi in ciascuna singola avventura, proviamo a identificare quali tratti distintivi caratterizzano queste storie di successo. Questo vuole essere proprio un libro in grado di indirizzare nel modo giusto verso il successo una storia appena nata, o ancora da cominciare, affinché la prossima storia da raccontare sia proprio la tua.
Come trasformare dunque la propria vita passando da dipendente a imprenditore, o da startupper ad azienda milionaria il cui nome possa rimanere nella storia? Vediamo cosa ci hanno raccontato quelli che ce l’hanno fatta.
È tutto lì. “Lì dove?”, dirai tu. Nella tua testa. Prova a pensare di riempire i tuoi pensieri con felicità, ricchezza e salute e di pensare che qualunque cosa tu voglia ottenere, non importa quanto sia ambiziosa, tu possa averla. Immagina che la vita sia definita da pensieri che diventano azioni. Per questo fin dai pensieri è importante coltivare l’idea di abbondanza. Basti pensare ai tanti che sentiamo dire: “non ci sono fondi, non ci sono talenti, non ci sono speranze, non c’è lavoro, non c’è…”. Questa lista di chi coltiva una cattiva qualità di pensieri è tendenzialmente infinita. Come vivere una vita di successo con pensieri tossici come questi?
Liberati dei cattivi pensieri e coltiva pensieri di qualità. E nel farlo cerca di eliminare anche le persone negative dalla tua esistenza, sarà più semplice e divertente avere una vita di successo senza persone dannose intorno (quelle che “non ce la puoi fare, lascia perdere, qui non c’è questo e quest’altro”, insomma, le riconosci subito).
Identifica chiaramente un obiettivo che hai in testa e non lasciare che niente e nessuno si intrometta tra te e quell’obiettivo. Nella tua testa non ci dovrà essere posto per pensieri o persone discordanti con quell’obiettivo. E quando parlo di persone parlo di qualunque tipo di figura che voglia avere voce in capitolo sulle tue scelte. Perché questa durezza ed esclusività? Perché se fai sempre quello che ti dicono gli altri senza pensare con la tua testa alla fine rischi di ritrovarti a vivere la loro vita, e non quella che vorresti tu per te.
Non avere paura di cambiare. La paura attira gli eventi di cui hai paura con una precisione quasi infallibile, come se tu fossi un magnete che attira, a seconda delle circostanze, il tuo pensiero preponderante. Il tuo obiettivo dovrà essere un po’ come un ritornello che non riusciamo a toglierci dalla testa. Il tuo ritornello non dovrà farti paura, ma dovrà essere il tuo scopo, perché diventiamo nella vita ciò a cui pensiamo di più e meglio. Ripensa bene alla tua vita, riguardala meglio e vedrai che sarà semplice identificare quali sono stati i tuoi pensieri predominanti in ogni ambito. È l’energia diversa che emani e i tuoi pensieri che diventano azioni, quando hai una certa predisposizione la trasmetti agli altri che vedono l’apertura che magari in altri ambiti della tua vita non si vede. Con le dovute eccezioni, ma si capisce cosa intendo. Ovvero?
Sii incline al successo, come se il successo fosse già arrivato. Sii pertanto disposto a cambiare frequenza rispetto a quella tua attuale.
Non c’è storia su questo. Difficile pensare di cambiare se non si è davvero disposti a cambiare e a uscire dalla propria zona di comfort. Quando ascolti la musica non lasciare scegliere allo shuffle, se non ti piace una canzone, cambia canale. Lo stesso nella vita lavorativa. “Eh, ma quel lavoro è sicuro, poi come farò, non se ce la farò…”. Certo se cominci così non ce la fai. Intanto comincia e libera la frequenza. Prima o poi quella in cui ti senti bene arriva. In altre parole cerca di essere tu a condurre gli altri a fare qualcosa di grande con te, altrimenti continuerai a vivere la tua vita sviluppando i sogni degli altri. Incomincia anche a vestirti come si veste chi ha il ruolo che vorresti avere.
Non pensare che sapendo ciò che NON vuoi automaticamente arriva ciò che vuoi. Spesso chiedo ai partecipanti dei miei corsi che cosa desiderano dalle loro vite e mi rispondono di sapere benissimo ciò che NON vogliono. Puntualmente arrivano ad attirare a sé ciò che non vogliono perché lo fanno diventare il loro pensiero preponderante. Invece di prendersi del tempo per decidere con consapevolezza ciò che desiderano e che in realtà spesso ancora non sanno. Focus. Focus. Focus.
Coltiva pensieri luminosi e allineati ai tuoi obiettivi anche prima di andare a dormire. La mente di notte funziona, e cambia il modo in cui ti risvegli, per ricominciare con più sprint e grinta le giornate. Di giorno raccogliamo anche quello che seminiamo di notte. Non dimenticarlo. Se vuoi essere un vero imprenditore di successo non stacchi mai. Ma l’importante è farlo bene. Altrimenti il fisico si ribella.
Ascoltati di più. Se non sei felice è il tuo corpo che ti parla, che ti sta dicendo che non lo vuole più fare. Qualunque cosa sia che non va, cambiala. Considera poi che possiamo essere tutti infelici se abbiamo l’infelicità “senza motivo” che è quella che ci accompagna quando confrontiamo ciò che abbiamo con ciò che vorremmo, ma in realtà questo può sempre accadere perché ci poniamo obiettivi sempre più alti. È solo una questione di punto di riferimento. Leggere e imparare dalle storie degli altri fa un gran bene, ma anche ragionare con la tua testa e fidarti di più del tuo istinto per capire se stai andando verso la direzione giusta. Perché ogni storia è un mix di elementi a sé. Con peculiarità irripetibili.
Se in questo momento sei infelice non dare per scontato la tua infelicità ma ascoltala, perché è in grado di darti la direzione giusta. I momenti in cui siamo infelici possiamo farli diventare i nostri complici, i nostri alleati di vita, perché ci danno la più potente spinta che abbiamo all’azione. Perché quindi essergli così avversi? Se siamo infelici oggi, vuol dire che su quell’infelicità saremo in grado di creare qualcosa di grande nel domani, partendo da oggi.
Comincia a conoscere le tue emozioni negative e trasformale in azioni positive per la tua esistenza. La stessa scena in due situazioni non può avere rilevanza diversa se non sono cambiate le condizioni. Perciò analizzati bene e cerca di capire come liberare le emozioni che ti fanno vivere male i tuoi obiettivi presenti e futuri. Chi vuole essere un pilota deve sempre sembrare sicuro, anche se non lo è. Come puoi pensare che i tuoi dipendenti abbiano fiducia in quello che gli dici di fare se nemmeno tu mostri sicurezza? Quando troviamo difficile convivere con le emozioni, un’idea è puntare sulla stabilità di pensiero e di obiettivi, che è tendenzialmente molto più solida della stabilità emotiva.
Trova il tuo driver. Non importa quale sia. Quale sia la tua spinta che ti porta all’azione. Può essere anche negativo, ovvero “voglio vincere contro un competitor che proprio non sopporto”. Non importa quale sia, positiva o negativa, ma deve essere forte. Fortissima. Indistruttibile. Non concedere sconti emotivi a nessuno. E non pensare che il nemico sia lì a passare quando tu aspetti sulla riva. Bisogna, con correttezza, tenacia e astuzia, farlo finire dentro.
Un punto alla volta. Troverai ostacoli nel tuo cammino. Risolvili uno per volta. Fai sudare ai tuoi avversari ogni singolo colpo e qualunque cosa accada non avere paura di perdere o di fallire. Perdi uno, due, tre, quattro…cento colpi? Non importa. Tieni alta la testa. E rialzati. Più forte di prima. Per poter vincere davvero, nella tua testa devi pensare che devi stravincere. Trova il modo e gli alleati giusti per farlo. Abbiamo solo una possibilità: fare squadra. Vorrà dire che a ogni colpo perso conoscerai situazioni in più che ti aiuteranno a vincere il prossimo con l’aiuto del tuo team.
Lascia perdere la mania del controllo. Impara a gestire gli imprevisti piuttosto che pensare che puoi controllare tutto. Nessuno ha il potere di controllare tutto. Ma hai la possibilità di reagire correttamente a tutto ciò che accade. Queste storie di successo dimostrano che l’abilità sta nel 10% in quello che accade e nel 90% nel modo in cui decidiamo di reagire a quello che ci accade.
Non ti far travolgere dall’operatività, fermati almeno un’ora al giorno a riflettere e pensare sulla strategia di azione. Spesso il rischio, per una startup, infatti, è quello di farsi travolgere dai mille impegni quotidiani e di non riuscire a trovare il tempo per pensare. Indispensabile la ricchezza di pensiero strategico dominante per la buona riuscita di un progetto.
Queste in estrema sintesi le qualità di imprenditori che hanno saputo emergere nell’incertezza, nel nuovo, nel diverso, nell’inesplorato, nelle condizioni avverse, trasformandole in condizioni privilegiate per le loro grandi imprese. Questo libro raccoglie questo bacino incredibile di storie reali di vita vissuta.
Ma non aspettatevi che esista un’unica ricetta per il successo. Ogni persona vivrà un’esperienza diversa leggendo questo libro perché lo leggerà con la proiezione della propria persona, dei propri pensieri, delle proprie esperienze e convinzioni. Ognuno misurerà le cose che sta leggendo con l’unico metro che ha a disposizione, ovvero se stesso. Ed è solo così che può iniziare il viaggio, il tuo viaggio, per la costruzione della prossima storia. Di imprese italiane grandi a livello mondiale ce ne sono ancora troppo poche. Diamoci da fare.

Silvia Vianello

La storia da un’idea

Non sono laureato.
Ho iniziato tre università: DAMS, scienze politiche, relazioni pubbliche.
Ho cambiato tre licei classici.
Sono stato bocciato due volte.
Suono in gruppo punk, ho fatto 4 dischi e diversi tour ovunque.
Una volta a settimana mi trovo con gli amici di notte per andare a skateare, ovunque nel mondo io sia.
Ho un “77”, una chitarra, un cerchio, delle stelle e altre cose tatuate.
Sono un buon bevitore, di qualità s’intende.
Vivo a Londra. Vivo a Milano. Vivo a Nizza. Vivo a Miami.
Sono nato nel millenovecentosettantasette.
Questo è il mio secondo libro.
Sulla mia carta d’identità c’è scritto imprenditore.

Forse imprenditore lo devi nascere, lo devi essere dentro. Io, ad esempio, a 16 anni ho fondato un giornale, che veniva distribuito in tutte le scuole di Monza, dove frequentavo il mio secondo liceo classico. È nato per gioco e, a spese dei miei genitori, ne stampavo 100 copie in cameretta, con la mia prima stampante. Perché decisi di aprire quel giornale? Perché fin da piccolo volevo fare il giornalista.
«Massi, cosa vuoi fare da grande?» e Massimiliano in prima elementare rispondeva: «il giornalista!».
Giacché a 16 anni con una carriera mediocre in un liceo classico monzese nessuno mi avrebbe assunto come inviato di punta, decisi che il giornale me lo sarei creato intorno io. Così facendo sarei diventato un giornalista.
Ah, e poi non dimentichiamo che ero un adolescente, volevo fare la rivoluzione.

Per scrivere gli articoli coinvolsi amici e parenti. Ovvio non studiavo, infatti mi bocciarono quell’anno. Ma nel giro di 3 numeri Mumble, così si chiamava la fanzine, arrivò a essere stampato in tipografia. Stampai 10.000 copie. Sí, diecimila copie.
Come? Beh semplice, il pub davanti alla scuola mi comprò una paginetta per 100.000 lire. Ma non fu l’unico: Zabriskie Point, il negozio di dischi punk di Milano dove andavo ogni giorno dopo la scuola a rifornirmi, a filosofeggiare di vita, ragazze, Inghilterra e punk rock, mi disse che mi voleva aiutare e comprò una mezza pagina. Anche Zabriskie mi diede 100.000 lire. La mia amica Antonella l’estate precedente aveva lavorato al Libraccio – una catena di librerie specializzata nell’usato – e, tra una chiacchiera e l’altra, raccontò al suo capo della mia rivista homemade e anche loro decisero di acquistare ben due pagine, le centrali, ovvio. Oggi direi un acquisto in perfetto target, andando in mano agli studenti di mezza provincia di Milano.
E così trovai altri tre minisponsor.
Arrivai a 700.000 lire e andai diretto in tipografia.
Non era un business, era divertimento, era egocentrismo, era la magia di vedere quello che tu avevi creato in cameretta nelle mani di tutti i ragazzi della provincia.

QUESTA È UNA STARTUP. LA TUA MAGIA CHE VA DI MANO IN MANO

Mumble divenne la prima freepress studentesca della provincia di Milano. Veniva distribuita gratuitamente, piccoli gruppi di amici si prendevano carico di portarla in giro, ognuno partendo dalla sua scuola. Io a casa raccoglievo gli articoli, su floppy disk, e impaginavo il tutto con il mio computer, un XT286 in bianco e nero con scheda grafica Hercules, una meraviglia per me.
No, non erano gli anni ’70, semplicemente un IBM 286 gratis di seconda mano era quello che potevo permettermi. Tutto questo lo facevo di notte o quando i miei genitori, insegnanti, non erano in casa. Me lo dicevano sempre: prima lo studio e poi tutto il resto.

Non sempre li ho ascoltati. Come vi ho già detto, quell’anno mi bocciarono. Monza e la sua aria di paesone piccolo borghese di provincia non facevano per me, decisi quindi di cambiare aria e scuola e trasferii i miei studi a Milano.
Con l’abbandono delle scuole della Brianza, finì anche l’avventura di Mumble, ma non la mia avventura di editore casalingo. Forte della mia esperienza nell’anno precedente, fondai una nuova piccola rivista, si chiamava Decibel. Questa volta il focus era la musica, la mia grande passione da teenager. Non vi racconto la storia di Decibel Zine, ma vi riassumo, in poche parole, che stampai 4 numeri, era un trimestrale, durò un anno e ciascuno di questi 4 numeri aveva una tiratura di 20.000 copie. Il modello era lo stesso di Mumble, l’avevo replicato e reso un po’ più scalabile, la distribuzione era in tutto il nord Italia, attraverso i negozi di dischi.
Fantastico, un periodo fantastico: diciannove anni e il mio giornale, impaginato sempre nella solita cameretta di prima, era ovunque. Le band della scena rock indipendente italiana facevano a gara per apparire su un numero. Con la mia maturità, al settimo anno di liceo, però finì anche l’avventura del giornale, mi stanco velocemente e mi piace cambiare: nel 1996 Decibel Magazine, infatti, ebbe uno spin-off in Decibel Records. La mia prima, vera, azienda.
Avevo 19 anni, e decisi di fondare la mia casa discografica, avevo accumulato contatti con decine di band e nulla mi sembrò più semplice che iniziare io a produrre musica. Nel giro di un mese nella famosa cameretta non c’era più spazio per i vestiti, mi ero fatto consegnare 5000 copie del primo CD che la mia etichetta produsse: Rumore Di Fondo.
Mio padre era disperato. Con il primo milione (di lire) che mi arrivò dalla vendita dei CD, comprai un viaggio a Parigi ai miei genitori: se lo meritavano.

Se cercate online, probabilmente, potrete comprare ancora qualche copia di Rumore Di Fondo, rimasta da qualche distributore.
Produssi un altro paio di dischi ma nel frattempo era cambiato tutto. Era arrivato internet.
Era il 1997 e, visto il successo di Rumore di Fondo, decisi che Decibel Records doveva avere un sito, un dominio tutto suo. Iniziai a leggere online, capire come realizzarlo, dove comprare un dominio e dello spazio web. Era tutto assolutamente pioneristico. E mi piaceva da morire, un gioco fantastico.
A fine anni novanta, in Italia, era impossibile, a meno di essere un ingegnere o un miliardario, avere un dominio e un sito web. Nel nostro Paese, infatti, c’era una specie di monopolio di Telecom e i prezzi erano altissimi. Iniziai a cercare su Yahoo in inglese e mi si aprì un mondo. Con 30 dollari al mese, potevi avere lo spazio web e il tuo dominio, ed era uguale che comprarlo in Italia. Ma da noi costava, almeno, 10 volte tanto.
Registrai subito il dominio decibelrecords.com.

Un amico, colpito, mi chiese come avevo fatto e mi implorò di aiutarlo ad aprire il sito per il negozio di abiti da cerimonia dei suoi genitori, un’amica per lo studio dentistico del papà. Non lo sapevo ancora ma era nata Hosting3000. La mia vita era cambiata per sempre. Regalai a mio cugino Gabriele la Decibel Records perché la portasse avanti lui, io volevo dedicarmi a internet, c’era da risolvere un problema: tutti dovevano poter avere il loro sito senza svenarsi e io sapevo come fare.
Decibel è stata il lavoro di mio cugino per un po’ di anni, poi il mercato del disco è cambiato molto. Ora Decibel esiste ancora, ma è diventata per Gabriele solo un side project.

PRIMA DI INSEGUIRE LA TUA FOLLE IDEA IMPRENDITORIALE,
CHIEDITI A COSA SERVE, PENSA SE PUÒ RISOLVERE UN PROBLEMA.
SE NE RISOLVE, UNO, ANCHE SOLO UNO E PICCOLO, VAI AVANTI.
ALTRIMENTI PENSACI MEGLIO

Aprii la partita IVA individuale, comprai un piccolo spazio web per rivenditori da un’azienda trovata a caso su Yahoo, colossus.net, andai su una chat IRC a cercare un web designer e misi online Hosting3000.com.
Hosting3000 fu tra i primi hosting provider italiani a vendere dominio e spazio web a prezzi americani. Un successo enorme. La scelta del nome fu semplice ma azzeccata: avevo letto sui giornali che Omnitel aveva speso 100.000.000 di lire per comprare 2000.com, erano gli ultimi anni del secolo scorso e si parlava molto di 2000 e millennium bug, e io pensai che 2000.com nel giro di pochi mesi sarebbe stato un dominio vecchio. Bene, dissi, compriamoci 3000.it e il sito di hosting lo chiamiamo Hosting3000, almeno per un altro millennio dovrebbe funzionare. Ci avevo visto bene.
Dopo poco meno di 365 giorni avevo: 20 anni, 1000 clienti, una cameretta con una linea ISDN e una linea fissa che squillava tutto il giorno.
Drammatico.
I miei amici avevano vent’anni e andavano a fare festa, io avevo un migliaio di clienti, in costante crescita, col sito che potenzialmente andava down. Ovviamente di notte o di venerdì pomeriggio.

PERCHÉ LA TUA STARTUP LA DEVI AMARE, PER 24 ORE AL GIORNO

Decisi che la mia cameretta non andava più bene. C’era bisogno di un ufficio. E non potevo fare più tutto da solo.
Mi ricordo ancora quel momento, era una mattina in settimana.
Ero pronto, Hosting3000 sarebbe diventata un’azienda. Presi la rubrica, selezionai cinque o sei amici di cui mi fidavo. Iniziai a chiamare, in ordine sparso. La proposta era semplice: mettiamo 2.500.000 di lire a testa e apriamo un ufficio. Io ci metto “internet”, tu la tua persona.
Le risposte furono sconcertanti:

1. «Scusa sto dormendo, che fai stasera comunque?»
2. «Se figurati che do due milioni a te!»
3. «Ma io di informatica non capisco niente, no no scusa ma è meglio di no»
4. «Mi dai un mese per pensare? mi piacerebbe»
5. «Ma di che cazzo stai parlando?»

Tranne una, l’ultima:
6. «Ok va bene, mi piace. Mi faccio prestare i soldi dai miei genitori e partiamo. Ci sono. Mi spieghi tu bene come funziona? Ci vediamo dopo per parlarne bene?»

Nicola Di Campli, mio compagno di scuola nell’ultimo anno di liceo, sarebbe diventato il mio socio. Nacque Nextone Media. Dal 1998 a oggi, sono più di 15 anni che lavoriamo insieme. Nextone Media è, ancora adesso, la nostra holding, dove inseriamo tutte le nostre iniziative e partecipazioni.
In 15 anni abbiamo fatto 3 exit, siamo stati sui giornali, abbiamo rischiato di chiudere almeno qualche volta, siamo arrivati ad avere 60 dipendenti in una sola città e subito dopo siamo rimasti solo in due a fare tutto. Abbiamo aperto a Londra, Kiev, Cluj, Milano, Miami, Madrid, Marsiglia, Nizza, Francoforte, abbiamo chiuso a Kiev, Marsiglia, Madrid, Francoforte, ci siamo diverti da morire, ci siamo distrutti di lavoro senza mai una pausa, ci siamo odiati, abbiamo viaggiato ovunque, abbiamo avuto ottime idee e idee pessime, abbiamo guadagnato un sacco di soldi e investito male un sacco di soldi. Abbiamo deciso come usare il nostro tempo. Non ci siamo mai annoiati.

PERCHÉ LA TUA AZIENDA NON SARÀ MAI UN FIUME PLACIDO
CHE SCORRE, DOVRAI NUOTARE CONTROCORRENTE
PER RIMANERE A GALLA. MA SE SARÀ QUELLO CHE VUOI FARE,
LE FORZE NON TI MANCHERANNO MAI

Dal 1999 al 2002 diventammo una vera azienda. Da un piccolo ufficio di 10 m2 in piazza Udine a Milano a un openspace di 600 m2 al settimo piano del grattacielo di piazza della Repubblica. Tutto in 3 anni. Senza finanziamenti, un pezzo per volta. Il nostro ufficio era la riproposizione in grande stile della cameretta a casa dei genitori. C’era la musica, una sala prove, un megascreen con il satellite ed era aperto 24 ore.

Ricordo ancora il pomeriggio dell’11 settembre 2001.
Erano le 15 e un amico americano via ICQ mi scrisse:
«hai visto a New York? Un piccolo aereo da turismo si è schiantato contro il WTC».
Accendemmo la CNN con tutto lo staff, due minuti prima che la tv americana stessa aprisse sulla notizia.
Eravamo tutti sdraiati proni a raggiera verso la televisione.
Quel pomeriggio non lavorò nessuno da noi, ma aggiornavamo i nostri siti in tempo reale con le notizie.
Furono anni di successi enormi e di fallimenti pesanti, ondate di cambiamenti come la bolla delle dotcom prevedeva in quel periodo.
In quegli anni lanciammo i nostri primi progetti editoriali: 3000.it e freestreet.it. Avevamo bisogno di visibilità per Hosting3000 e decidemmo di crearci noi la visibilità fondando un portale per webmaster, definizione anni ’90 ma – effettivamente – erano gli anni ’90, e un sito di annunci stile Secondamano. L’operazione andò per il meglio e nel giro di tre anni dalla nascita Hosting3000 si ritrovò con dodicimila clienti paganti.
Noi avevamo 23 e 22 anni.
Il più grande fallimento di questi anni fu la nostra property www.3000.it.
3000.it era nato quasi per caso per dare visibilità ai servizi di hosting, ma aveva raggiunto una popolarità importante in Italia con quasi 300.000 webmaster che usavano i nostri tools gratuiti online.
Nel 2001, CiaoWeb, società del gruppo Fiat, ci propose un’acquisizione del sito, l’offerta economica ci sembrò bassa, in realtà era più che congrua, eravamo dopati dalle vendite dotcom che arrivavano da oltre oceano ed eravamo convinti che se non avessimo venduto a CiaoWeb avremmo venduto a qualcun altro. Errore. Iniziammo a ingrandire e a investire per far diventare 3000.it più grande, aprimmo le versioni spagnole, inglesi e francesi. I siti funzionavano, gli utenti crescevano, ma non fatturavano.

L’EDITORIA PUÒ DARE GROSSA VISIBILITÀ MA NON È SEMPRE
COSÌ SEMPLICE TIRAR FUORI SOLDI DALLA PUBBLICITÀ.
ATTENZIONE ANCHE OGGI AI PIANI DI BUSINESS
BASATI SOLO SULL’ADVERTISING, È MOLTO DIFFICILE SOSTENERSI.
E SOPRATTUTTO, MAI E POI MAI ANDARE DA UN POSSIBILE FINANZIATORE
A PRESENTARE UN BUSINESS BASATO SOLO SULLA PUBBLICITÀ:
TI DIRÀ QUASI SICURAMENTE DI NO

Investivamo i soldi derivanti dalla vendita di domini per rendere il network 3000.it sempre più grande nella speranza di un exit o che diventasse sostenibile economicamente da solo. Così non fu. Alla fine del 2002 il mondo era cambiato, e parlare di servizi per i webmaster non aveva più senso. Iniziammo a chiudere una per una tutte le countries partendo dalla Gran Bretagna, l’ultima che rimase in vita fu l’Italia e, a fine 2004, 3000.it chiuse, posizionammo dei risultati di ricerca sponsorizzati da Google su tutte le homepage.

NON AFFEZIONARTI FINO ALL’OSSESSIONE ALLA TUA IDEA.
SE NON FUNZIONA SII ELASTICO, CAMBIA. PRECEDI IL FALLIMENTO DELLA TUA VISIONE, FAI IN MODO TALE CHE NON SIA LUI
A SORPRENDERTI. SE NON VA E CI HAI PROVATO IN TUTTI I MODI,
VAI VIA. VAI AVANTI

Il più grande successo dei nostri primi anni fu la vendita di Hosting3000. Era il 2000 quando ricevemmo la nostra prima proposta di acquisizione da un’azienda che voleva quotarsi in borsa, Blixer S.p.A., con un meraviglioso e costosissimo palazzo blu fosforescente nella prima periferia di Milano.
Blixer, nonostante il palazzo blu e i grandi fondi ricevuti, non si quotò in borsa e negli anni successivi fallì. La trattativa con Blixer, anche se non si concluse, ci insegnò moltissime cose, due su tutte: la prima che Hosting3000 era un oggetto interessante, la seconda che, in Italia, se non hai più di 35 anni e una giacca e cravatta, vali molto meno per il tuo interlocutore – un atteggiamento molto diverso da quello che incontrerò più tardi in Inghilterra, dove ai meeting con Yahoo o Google andavo con i dreadlocks e vestito assolutamente casual.
Il respiro dei ragazzi, da noi, viene soffocato dall’affanno degli anziani in carriera.
Intere generazioni di talenti si perdono tra cravatte e scarpe giuste. Ormai il dossier della cessione di Hosting3000 aveva cominciato a girare e nel 2001 chiudemmo la nostra prima exit. Stupendo. Un sogno che si realizza.
Come in Silicon Valley.
In seguito venderemo altri 2 progetti, ma la vendita di Hosting3000 fu sicuramente una svolta decisiva per noi.
La vendita fu anche una liberazione. Eravamo stanchi, oltre diecimila clienti in abbonamento da gestire, senza un’adeguata preparazione manageriale, sono un’impresa ardua per chiunque.

STAI ALLA LARGA DAL TUO AMICO CHE HA STUDIATO ECONOMIA
ALLA BOCCONI CHE TI DIRÀ CHE NON CE LA FARAI MAI A LANCIARE
LA TUA IMPRESA SENZA UN BUSINESS PLAN ADEGUATO E VAGONATE
DI DENARO, MA, UNA VOLTA FONDATA LA TUA STARTUP,
CIRCONDATI DELLE PERSONE GIUSTE, ANCHE DEL TUO AMICO
CHE HA STUDIATO ALLA BOCCONI. È FONDAMENTALE

Hosting3000 fu acquistata da Level Ip S.p.A., sussidiaria italiana della multinazionale francese Prosidie. Ancora oggi dopo diversi anni portano avanti il nostro brand. Erano appena entrati in Italia e non riuscivano a sfondare, avevano bisogno di un’azienda già lanciata da acquistare per poter essere presenti fin dal giorno uno nel nuovo territorio. Questa è stata una lezione che ci servirà anche a vendere l’azienda successiva: preparare il mercato italiano per una multinazionale estera. Hanno tanti soldi e poco tempo, più facile acquistare che creare da zero.
Subito dopo la vendita di Hosting3000, fu un po’ come l’Erasmus che non abbiamo mai potuto fare: Nicola e io ci trasferimmo in Inghilterra. Fu aperta la sede di Nextone Media a Londra, che è la sede principale della nostra azienda dal 2002.
In Inghilterra facemmo i ragazzini, e andammo a tutte le feste a cui non eravamo potuti andare dai 19 ai 24 anni, ma trovammo anche un ecosistema fertile e stimolante per la nostra azienda, con migliaia di altri imprenditori under 25. Nel 2003, appena arrivati in UK, tramite un amico comune conoscemmo Fabrice Grinda. Un vero mito. Fabrice è un Re Mida del web: tutto quello che lui tocca diventa oro. Oggi è uno dei maggiori angel americani e fin dagli anni ’90 ha accumulato una fortuna creando e vendendo aziende. Fabrice oggi vive nella Repubblica Dominicana, dove ha acquistato un ex resort a 5 stelle, con tanto di piscine, campi da tennis, ristoranti e tutto quello che vi immaginate da un resort ai Caraibi, e l’ha fatto diventare casa sua. Continua a fare un sacco di soldi con internet ma è anche diventato un mostro nel kiteboard e nel surf. Con Fabrice abbiamo sbagliato due volte. Ma ne siamo usciti a testa alta. Poche settimane dopo la prima volta che avevo sentito il suo nome, arrivò una mail in cui diceva che ci aveva trovato dei clever guys e che stava facendo un friends and family round per la sua nuova startup, ci chiedeva 250.000 dollari per il 5% della società.
Era il 2000 quando Grinda, nato a Nizza in Francia, si trasferisce a New York. Aveva appena venduto la sua azienda Aucland e voleva partire con un nuovo progetto. In Europa impazzavano le suonerie per i cellulari e decise di esportare il business in USA dove il mercato mobile era estremamente diverso rispetto al nostro. Nasceva Zingy.

Non aderimmo al finanziamento iniziale e non comprammo il 5% di Zingy, uno degli errori più grandi della nostra vita.
Ritenevamo infatti (a ragione, in quel periodo, ma è fondamentale essere almeno un po’ visionari) che gli Stati Uniti non sarebbero stati ricettivi come l’Europa sui contenuti a valore aggiunto per i cellulari. Mai previsione fu più errata.
Nel 2004 Fabrice riuscì a vendere alla giapponese For Side per 80 milioni di dollari il 100% del capitale di Zingy. Se avessimo comprato quel 5%, i nostri 250.000 dollari si sarebbero trasformati in 4 milioni di dollari senza fare nulla.

“VISIONARIO” NON È SOLO UN TERMINE ABUSATO,
UN IMPRENDITORE DEVE SAPER ANTICIPARE IL FUTURO

Nel 2007 avevo 29 anni e chiudemmo quella che economicamente sarà la nostra migliore avventura di business. Grazie a Fabrice Grinda.
Nel 2005 ci arriva la voce che Grinda dopo aver venduto Zingy ha già aperto una nuova startup, OLX, abbreviazione per Online Exchange; la missione di OLX era essere il CraigsList per tutto il resto del mondo, fuori dagli USA. Forti dell’insegnamento derivato dalla nostra vendita di Hosting3000 a un’azienda francese, ci si accese una lampadina: creare il mercato italiano per OLX. Tirammo fuori dal cassetto il vecchio sito di annunci FreeStreet, che ormai da alcuni anni era abbandonato – abbandonato nel nostro mondo vuol dire “online, funzionante, ma senza nessuno che ci lavora” – ingranammo la marcia e tutte le risorse della nostra azienda furono indirizzate su FreeStreet. In dodici mesi volevamo renderlo grande, così da mandare una mail a Fabrice. L’idea era:
«ciao Fabrice, forse abbiamo una cosa che ti interessa».
Così andò.

Ci ritrovammo come correre a 300 km all’ora in una strada buia, dove non vedi se in fondo c’è un muro o un rettilineo illuminato a giorno. Tutta Nextone lavorava su FreeStreet ma non avevamo nessun accordo con OLX, era quindi possibile che Grinda non comprasse o che OLX non avesse intenzione di entrare in Italia. Ma avevamo deciso di rischiare. Nel giro di 15 mesi freestreet.it arrivò ad avere 1 milione di visitatori unici al mese, e 5 milioni di pagine viste. Non moltissimo ma eravamo uno dei primi 3 player in Italia in questo settore: Ebay Annunci e Subito. it non erano ancora nati. A metà 2007 eravamo pronti, FreeStreet era grande ed era il momento giusto per uscire allo scoperto. Era il tempo di mandare quella famosa email. Eccola, copiata e incollata:

From: Massimiliano Squillace – Nextone Media
[mailto:massimiliano.squillace@nextonemedia.com]
Sent: Monday, June 25, 2007 1:52 PM
To: fabxxxxx@xxxxxxxx
Cc: n.dicampli@xxxxxxx
Subject: FreeStreet/Olx

Hi Fabrice,
How are you? It’s been a while since we last talked.
We’re running an ads/classifieds website in Italy, online since 1999, www. freestreet.it.
We’re actually one of the biggest players in Italy in classified ads business.
Now our energies are on our blog network.
I saw you launched Olx, I thought you could be interested in merge or buy FreeStreet.
Let me know your thoughs.
Have a great day,
M

TRADUZIONE
Ciao Fabrice,
come stai? È un po’ che non ci sentiamo.
Siamo proprietari di un sito di annunci in Italia, online dal 1999, www. freestreet.it.
Attualmente siamo tra i principali protagonisti del mercato degli annunci online in Italia.
Ora tutte le nostre energie sono sul nostro blog network.
Ho visto che siete partiti con Olx, ho pensato che potrebbe interessarti unirvi o comprare freestreet.it

I minuti successivi all’invio furono tremendi. Il silenzio e il vuoto come quando attendi la risposta dalla ragazza con cui sei uscito la sera prima. Quella volta andò bene: tempo solo due ore ed ecco la risposta:

Hi Massimiliano,
My instinct is that your FreeStreet.it is a bit small for us to make what you might consider to be a meaningful offer, but I am always happy to talk.
How about on July 4 at 11 am UK time?
Fabrice

TRADUZIONE
Ciao Massimiliano,
ho la sensazione che il vostro FreeStreet.it sia un po’ piccolo per noi per farvi un’offerta che potreste considerare significativa, ma sono sempre felice di discutere.
Che ne pensate del 4 luglio alle 11 ora inglese?

Se l’acquisizione di Hosting3000 durò quasi sei mesi, qui nel giro di cinque settimane avevamo venduto, incassato e ed eravamo partiti per le vacanze.
Il 4 luglio ci chiamò Fabrice, io e Nicola eravamo a Londra, ognuno a casa sua, tesissimi. Fabrice era in aereo, ci chiamava dal suo aereo. La telefonata in conferenza fu surreale e velocissima. Noi partimmo a raffica con lo spiegare cos’era FreeStreet, quasi non salutammo Fabrice, il quale poteva benissimo non ricordarsi di noi. Dopo dieci minuti in cui parlavo senza sosta Fabrice mi interruppe:

«Hey ragazzi, un attimo. Come state? Mi ricordate bene cosa fa la vostra società prima?»

Ok, respiro. Ricominciamo da capo, Nico vai avanti tu.
Il resto della chiamata fu più tranquillo fino al momento in cui Fabrice disse che anche se il sito era interessante per OLX, i nostri numeri non erano abbastanza grandi e non poteva offrirci molti soldi. Io, impulsivo, intervenni con la voce grossa:

«Fabrice, per meno di $XXX,XXX non vendiamo mi spiace!»

Abbiamo ancora un accordo di non divulgazione in essere che ci vieta di comunicare le cifre, ma vi assicuro che non era pochissimo, anzi.
A questo punto Grinda disse la frase che gelò il sangue a me e Nicola, che mi odia ancora per il mio intervento affrettato:

«Ok ragazzi, se è così poco chiudiamo subito la trattativa, va benissimo, pensavo aveste in mente ben altre cifre. Attendetemi in linea, chiamo il mio responsabile tecnico e il finanziario, li avverto che vi sentirete per organizzare il trasferimento».

La vendita era conclusa. OLX Inc. aveva acquistato FreeStreet con tutto il database ed entrava così in Italia. Siamo tutt’ora forse gli unici italiani che sono riusciti a fare un deal così con Grinda.
Oggi il sito www.freestreet.it reindirizza su www.olx.it.

QUANDO LANCI LA TUA AZIENDA DEVI ESSERE FONDAMENTALMENTE
UN OTTIMISTA, DEVI ESSERE TU IL PRIMO A CREDERCI.
C’È, STATISTICAMENTE, SOLO IL 5% DELLE POSSIBILITÀ
CHE LA TUA STARTUP SIA ANCORA VIVA DOPO CINQUE ANNI
DALLA FONDAZIONE. C’È IL 95% DI POSSIBILITÀ DI FALLIMENTO.
MA A NOI OTTIMISTI QUESTO NON INTERESSA

A questo punto arriva il secondo grande errore con Fabrice. OLX ci aveva proposto di pagare più di metà dell’acquisizione in cash e il restante in azioni di OLX. Rifiutammo e accettammo di avere solo una cifra intorno al 15% in azioni, così da diventare soci di OLX per una forchetta tra lo 0,5% e il 3%.
Pessima idea.
Nel 2010 Grinda riuscì a vendere OLX, che nel frattempo aveva aperto in tutto il mondo e aveva 1.000 dipendenti, a Naspers, colosso sudafricano delle telecomunicazioni.
Vendemmo di conseguenza anche noi le nostre quote di OLX: la nostra mini percentuale di possesso di OLX Inc. ci rese 5 volte di più dell’intera exit. Per la seconda volta avremmo dovuto fidarci di Grinda.

IL VALORE DELLE PERSONE OLTRE CHE DELLE IDEE.
FIDATI DI CHI HA FATTO MOLTO BENE PRIMA DI TE.
DIFFICILMENTE SBAGLIERÀ TROPPO.
UN TEAM FORTE VINCE SU UN’IDEA FORTE

Furono anni senza sosta per noi. Dopo soli 2 anni, dall’exit verso OLX, venderemo infatti la nostra terza società. Incredibile.
Mentre cedevamo FreeStreet.it a Fabrice Grinda, Dada comprava una partecipazione in Blogo. Noi avevamo una mezza intenzione di sviluppare un nostro blog network, come da mail a Fabrice, ma ancora non avevamo spinto in maniera importante in quella direzione. Subito dopo la vendita di FreeStreet iniziammo a guardarci intorno, e uno degli incontri fu proprio con la divisione commerciale di Dada a Firenze, che ci raccontò con grande fervore come avevano acquisito questo network che faceva numeri interessantissimi ma soprattutto come i siti verticali si vendevano pubblicitariamente in modo assolutamente più semplice rispetto ai generalisti. In tutto il viaggio di ritorno studiammo la nostra nuova copycat startup. Nasceva il network Nanopublishing, quella che diventerà la nostra terza exit in meno di 10 anni.

NON AVER PAURA DI COPIARE L’IDEA PER LA TUA STARTUP
DA UN’AZIENDA CHE HA GIÀ AVUTO SUCCESSO.
CERCA LA STORIA DEI FRATELLI SAMWER: HANNO CREATO UN IMPERO COPIANDO AZIENDE E RIVENDENDOLE. FACEBOOK, GROUPON, EBAY, AMAZON, AIRBNB, PINTEREST E ALTRI HANNO ISPIRATO I CLONI DEI FRATELLI SAMWER. STESSO MODELLO DI BUSINESS, MARKETING REPLICATO, GRAFICA SIMILARE, IL TUTTO ADATTATO NELLA LINGUA LOCALE E PENSATO PER AVVICINARSI AI VINCOLI CULTURALI DEL MERCATO LOCALE. ULTIMO SUCCESSO? ZALANDO, IL CLONE EUROPEO DI ZAPPOS

Abbiamo sempre puntato molto sui domini, quindi investimmo e comprammo da un’azienda americana il dominio nanopublishing.com e una serie di domini interessanti come madridblog.es, parisblog.fr, ricetta.it o blogmilano.it.

SCEGLI CON ATTENZIONE IL DOMINIO PER LA TUA STARTUP,
POTRÀ ESSERE UN ASSET IMPORTANTE E UN VOLANO DI VISIBILITÀ PER SEMPRE

Nel giro di pochi mesi, clonando il sistema Blogo, eravamo online con 50 blog tematici in Italia e una decina per paese in UK, Francia e Spagna. L’azienda era molto snella: un responsabile di redazione e una persona addetta al controllo qualità per Paese. Tutti i redattori erano esterni, avevamo circa 300 redattori in giro per l’Europa. Io e Nicola seguivamo la crescita del network.
Nel 2009 decidemmo che per quello che potevamo fare noi con la nostra struttura Nano Publishing era arrivata al suo apice, era il momento di provare a vendere. Confezionammo un dossier con molto show e iniziammo a farlo girare tra diversi editori.

SII CONSAPEVOLE DELLE TUE POTENZIALITÀ, NON AFFEZIONARTI ALLA TUA AZIENDA SE NON PUOI DARLE DI PIÙ, LASCIALA ANDARE COME UN FIGLIO MATURO VERSO CHI PUÒ SPIANARLE LA STRADA

Inviammo senza paura la nostra proposta di vendita a molti editori italiani, dai più grossi ai più piccoli. In breve in tre si fecero vivi: uno dei tre più grandi portali italiani, un gruppo televisivo che sul web all’epoca aveva molto poco e Populis (all’epoca chiamata GoADV).
Fattore determinante per noi era la velocità dell’operazione, ancor prima della valutazione economica. Sapevamo che un grosso network senza una grande struttura dietro poteva essere un rischio, forse eravamo ancora scottati dall’avventura di 3000.it di alcuni anni prima. Arrivarono alla fine della trattativa Populis e il grosso gruppo televisivo. Populis offriva un quinto economicamente, ma una garanzia di trattativa e chiusura veloce, il gruppo televisivo ci garantiva al 100% la nostra richiesta economica ma ci aveva paventato almeno un anno di carte e riunioni. Non c’era storia, un anno di trattativa non lo avremmo retto, chiamammo Salvatore Esposito e Luca Ascani di Populis e confermammo la nostra intenzione di accettare la loro proposta. Populis entrava così nel mondo dei blog, in seguito acquisì Blogosfere e in seguito Blogo. Noi chiudemmo la nostra terza exit, quella che ci darà più visibilità in Italia, grazie all’autorevolezza, nel nostro Paese, dei compratori.

LAVORA SEMPRE SULLA TUA IMMAGINE. NON LASCIARE NIENTE
AL CASO. LA TUA REPUTAZIONE SI COSTRUISCE NEL TEMPO,
È IL TUO TESORO PIÙ PREZIOSO

Dopo la vendita del network di blog, avevamo liquidità e un grande know-how redazionale. Ma per la prima volta non avevamo progetti in corso. Dovevamo partire da zero. Ricordo ancora che, dopo aver firmato il contratto, mi ritrovai a camminare in una Milano assolata, con la testa libera. Leggero. Nel senso più bello termine. Andai al parco, poi a trovare un amico che lavora in un negozio, un drink sui navigli come un turista nella mia stessa città e poi a passeggio, senza meta. Per diverse ore.
Il giorno dopo Nicola e io ci ritrovammo a casa mia e decidemmo il futuro di Nextone. Partirono due progetti, uno per sfruttare il nostro know-how e l’altro perché c’era un vuoto di mercato.
Comprammo il domino notizie.it, fin dall’inizio della nostra attività abbiamo sempre messo la massima attenzione alla scelta del dominio, e ricostruimmo la redazione. Oggi notizie.it è uno dei primi siti italiani e ogni giorno è visitato da un numero di lettori compreso tra i 400.000 e i 500,000. Al giorno.
Così sfruttammo il nostro know-how precedente.
Comprammo il dominio petizionionline.it in 10 lingue del mondo e lanciammo un network di petizioni. Dopo il boom dei siti di questo tipo negli anni novanta, quasi tutti erano morti a causa della difficoltà di monetizzazione, ma le persone avevano ancora voglia di fare battaglie online. In 12 mesi raccogliemmo 5 milioni di utenti registrati. Per intenderci, più di Facebook nei suoi primi 12 mesi, tra il 2004 e il 2005. Oggi il network si chiama Activism.com, come sempre abbiamo sempre messo la massima attenzione alla scelta del dominio, e abbiamo venduto il 17% a un fondo di Miami, dove ha la sede principale Activism Corp.
Ma questi due ultimi progetti, sono storia di questi giorni.

Ho scritto questo libro perché vedere tutti i protagonisti di queste pagine insieme per la prima volta è meraviglioso, in primis per me. Perché sono 20 anni di internet in Italia e loro l’hanno resa grande. Perché chi oggi vuole aprire un’azienda da loro ha tanto da imparare. Da ciascuno di loro. Dopo averle fatte, ho voluto leggere e rileggere le loro interviste decine di volte. Per imparare, per entrare nelle loro teste. Quello che vi raccontano a scuola, al master per aprire una startup è profondamente diverso dalla storia di tutti gli intervistati, che internet in Italia l’hanno resa grande. Le loro sono storie di amore, passione e divertimento. I numeri sono solo il vento che passa tra le fessure di questi tre sentimenti.
In ultimo, se per caso, alla fine di questo testo, dovessi pensare che ho dimenticato nomi illustri del web italiano, sappi che non è così. Se non c’è il tuo startupper preferito, l’imprenditore del secolo, o il guru che c’è in ogni blog o in ogni commento è perché non l’ho ritenuto importante o idoneo a questo libro. Oppure perché ha messo in mezzo tra me e lui un ufficio stampa troppo invadente e noioso. E io se non mi diverto lascio stare.
Ah dimenticavo, la cameretta dell’inizio di questo libro esiste ancora, oggi è lo studio di mio papà, con dentro tutte le cose di cui un papà pensionato ama circondarsi. Che stia fondando anche lui la sua startup?

Guarda il video e scopri quali regole seguire per avviare una startup di successo!

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Massimiliano Squillace

Uno dei pionieri del web italiano. Fonda la sua azienda, Nextone Media, editore di un grande network di siti in tutto il mondo. Scrive per diverse testate nazionali. Canta e suona la chitarra nel gruppo rock alternativo 200 Bullets.

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