Comunicazione in emergenza: come si fa e quali sono i principali strumenti per gli enti
/Credo non ci possa essere un periodo peggiore per parlare di emergenze alle persone di quello che stiamo vivendo. Appena accenni alla parola “emergenza” sui social scattano tutti in piedi. È la, peraltro prevista, reazione e quanto abbiamo vissuto negli ultimi anni con la pandemia, con il modo in cui è stata raccontata la pandemia da parte di media ma anche di istituzioni. Le persone hanno affrontato situazioni a cui non erano preparate e che avevano in tutti i modi evitato di immaginare anche per scaramanzia. Paura di quello che non si conosce e che nessuno conosce, regole di comportamento, scenari dati per certi e poi cambiati, preoccupazioni, limitazioni nei rapporti con gli altri, hanno segnato e creato dubbi in una parte importante della popolazione di quasi tutto il mondo. Sarà uno dei periodi che verrà ricordato nella storia non solo per le vittime e le supposizioni sull’origine ma specialmente per l’elevatissimo tasso di confusione informativa.
In tutti i paesi del mondo abbiamo assistito ad una impreparazione non solo e non tanto nell’affrontare la costruzione di una neo-macchina-sanitaria (pensiamo alla creazione in Cina in poche settimane di migliaia di ospedali provvisori) mai vista prima, ma nel coinvolgere ed informare i cittadini.
Eppure di comunicazione di emergenza e di protezione civile se ne parla da decenni. Io stesso me ne occupo da tantissimo tempo fino ad avviare, insieme a tante volontarie volari, un progetto aperto a tutti che si chiama Emergenza24 nel 2010.
Lo scopo non era e non è solo quello di informare su quanto sta accadendo, su come comportarsi nelle situazioni di potenziale pericolo o disagio ma specialmente leggere ed interpretare le reazioni delle persone nei social, il più accessibile tra i nuovi modi di conversare.
Chi deve comunicare in emergenza
C’è un errore di fondo, e lo vediamo rappresentato chiaramente nelle locandine degli eventi organizzati da amministrazioni pubbliche, volontari o organizzazioni che inseriscono come simbolo della loro attività il megafono. Il megafono serve in alcune situazioni ma è uno strumento fatto per ordinare e non per dialogare. Non è lo strumento dei social. Non rappresenta i social. È il modo sbagliato di porsi nei confronti di vogliamo informare. Non permette l’ascolto, il parere, le necessità e nemmeno la valutazione delle reazioni. I social sono strumenti conversazionali.
Eppure, la maggior parte degli enti, organizzazioni, politici, sui social postano (in realtà quasi tutti fanno postare da un addetto o addetta) ma non rispondono, non interagiscono. Fanno sentire la loro voce ma non ascoltano.
Si potrebbe dire che dialogare è una comunicazione “uno a molti” troppo dispendiosa in termini di energie e risorse.
Questo è in parte vero, ma nella quasi totalità è dovuto alla visione che si ha (che molti hanno) della comunicazione pubblica che per sua natura non può essere a senso unico.
Non può esserlo in generale ma specialmente quella di emergenza e di protezione civile.
Che si tratti di informare preventivamente, di presentare un piano di Protezione Civile o di avvisare che è prevista un’esondazione, le persone hanno bisogno di chiedere ma specialmente sono essi stessi portatori di informazioni.
Alla domanda “chi comunica nelle emergenze” la risposta è: tutti. Proprio tutti, qualsiasi cittadino, qualsiasi cittadino che momentaneamente ha una carica politica, sociale, organizzativa, associativa o sia un volontario.
Ascoltare e imparare dai cittadini
Negli oltre 12 anni di attività sui social, abbiamo documentato come la prima fonte di informazioni nelle emergenze sia il cittadino preparato. Significa che ha coscienza di quello che accade, che riesce a distinguere la sua percezione con la realtà plausibile. Che sa indicare con precisione dove, quando, cosa e con quale portata sta accadendo. Lo deve fare in modo responsabile. Questo è il lavoro che fa Emergenza24: aiutare i cittadini, ma anche i giornalisti, a comunicare responsabilmente.
Qualsiasi evento possiamo trovarci davanti, che siamo giornalisti o cittadini dobbiamo trovare un giusto equilibrio tra quello che vorremmo raccontare o far vedere e l’imprescindibile dignità delle persone. Per questo motivo nel 2016 abbiamo presentato un documento unico nel suo genere: La Carta di Venezia. Si tratta di un documento partecipativo in cui tutti possono aderire e usare ma specialmente migliorare. È liberamente distribuibile gratuitamente con licenza Common Creative CC BY 4.0.
Raccoglie i princìpi per una comunicazione attenta alle persone, rispettosa delle vittime, che propone al giornalismo, e non solo, di non usare il dolore come modello di comunicazione. Il punto 7.2 in tal senso è chiarissimo: “Non intervistare vittime, parenti e amici delle vittime, testimoni, soccorritori e ogni altra persona coinvolta nell’evento senza essere certi che siano in condizioni di consapevolezza e di adeguata maturazione dell’evento”.
Un libro per partecipare
Per raccogliere l’esperienza di questi anni, per integrarla con quella di PA Social – Associazione per la Nuova Comunicazione di cui è Presidente Francesco Di Costanzo e che ha scritto la prefazione, ho realizzato un libro dal titolo “Emergenza e Protezione Civile al tempo dei social”. La copertina descrive fin da subito l’ambito e obiettivo: “Manuale operativo per costruire protocolli di comunicazione basati su standard nazionali ed internazionali”.
Un libro che ho iniziato in contemporanea con la presentazione del progetto Emergenza24 e che ha quindi alle spalle molti anni di scrittura. Durante la pandemia mi sono reso conto che era più che mai necessario ricominciare a ristabilire le regole basiche della comunicazione: informazione corretta e verificata, ascolto, analisi delle reazioni, inclusione, apertura. Ascoltare tutti per informare tutti, senza limitare, censurare.
Un libro che raccoglie nella prima parte i modi in cui si comunica in emergenza, i princìpi organizzativi dei sistemi di Protezione Civile, i rischi di cui dobbiamo essere consapevoli così come la probabilità che questi avvengano.
Racconta esperienze di donne e uomini che alla Protezioni Civile hanno donato tempo ed energie, che hanno costruito reti efficaci di aiuto ma è specialmente un’apertura, un invito a tutti a partecipare in maniera coordinata, efficace, rispettosa ed utile.
Per Organizzazioni e Pubblica Amministrazione
Il framework legislativo è tracciato nel libro e offre spunti di approfondimento anche grazie ad un sito web completamente dedicato a queste tematiche.
Per ogni organizzazione di volontariato, assistenza o emergenza, rende disponibili una quantità notevole di risorse organizzative e digitali, pronte per essere personalizzate per le proprie necessità.
Una vera e propria guida per costruire un sistema di informazione e conversazione, per gestire flussi improvvisi di alto traffico conversazionale, per ordinare sistemi complessi e spesso difficilmente gestibili. Il libro come luogo e punto di partenza per costruire una comunicazione consapevole, efficace ed efficiente.
Maurizio Galluzzo
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