I benefici della scrittura sul corpo e sulla mente
/Scrivere fa bene. È una formula abusata, se vogliamo, ma non per questo meno vera. Scavando un po’ più a fondo, infatti, scopriamo che, a differenza di tutte le altre forme espressive, la scrittura ha il potere di riconnetterci a noi stessi permettendoci di entrare in un territorio interiore e, una volta lì, aiutarci a ricostruire e ridefinire ciò che abbiamo scoperto di noi stessi e del mondo che ci circonda.
Il motivo per cui ciò accade è abbastanza semplice da spiegare, un po’ più difficile da comprendere ed è potenzialmente rivoluzionario per quanto concerne la nostra concezione del rapporto tra corpo e mente. Sul tema dei benefici della scrittura, oggi si parla di scrittura terapeutica, intesa come un insieme molto ampio di pratiche che vanno dagli esercizi di scrittura creativa declinati intorno al bisogno di raccontare le proprie emozioni ai gruppi di scrittura rivolti a degenti, detenuti o pazienti oncologici: se ci pensiamo bene, è un insieme molto vasto di esperienze e percorsi accomunati dalla volontà di utilizzare la parola scritta come metodo per sbloccare emozioni troppo a lungo inespresse o non riconosciute.
Scrivere può rappresentare un’operazione liberatoria che produce effetti ben precisi e riconosciuti da numerosi studi condotti a livello internazionale: la mente si calma, il corpo si rilassa, ci risulta più facile istituire un rapporto costruttivo con le emozioni e, in ultima analisi, anche il sistema immunitario produce una risposta qualitativamente migliore agli stimoli che giungono dall’esterno.
Il rapporto tra scrittura, corpo e mente
Fin qui la spiegazione semplice. La parte un po’ più complessa – ma non per questo meno affascinante – viene ora: scrivere ci permette di prendere distanza dalla nostra mente cosciente, ossia tutto quell’apparato di convinzioni, dialoghi interiori e autolimitazioni che quotidianamente ognuno di noi si impone abusando di pensieri fuori controllo.
Ogni giorno siamo immersi in un incessante dialogo con noi stessi. Decine di migliaia di pensieri che si rincorrono senza tregua: la maggior parte di essi rientra in categorie molto pericolose per la nostra salute: credenze limitanti e divieti. Detto in altre parole: “non valgo abbastanza”, oppure “ho il divieto di comportarmi in un determinato modo”.
Questo insieme di meccanismi ci ha preso la mano e ora è travolgente. In origine era un prodotto dell’evoluzione. È nato dalla nostra capacità di astrarci dal presente, richiamare alla mente eventi passati sulla base dei quali costruiamo il nostro senso di identità, oppure di immaginare pericoli futuri risolvendo i quali ci garantiamo la sopravvivenza.
Ora, dopo anni di allenamento, questo copione è diventato un lungo, infinito monologo interiore che ci blocca e ci fa recitare una parte che semplicemente non è la nostra. Continuamente immersi in ricordi e emergenze immaginarie, siamo diventati pendoli che oscillano tra passato e futuro.
Per questo motivo, stiamo pochissimo nell’“Adesso”, l’unica dimensione in cui siamo in grado di agire in sintonia ed equilibrio con noi stessi e gli altri, usando il pensiero come strumento creativo e non come mezzo per creare sofferenza: questa prolungata assenza ha finito per creare un insieme di condizioni avverse che hanno il potere di alterare i nostri equilibri interiori e ci fanno ammalare.
Secondo una ricerca dell’Università del Michigan il continuo stato di preoccupazione generato da pensieri incontrollabili e dalla nostra identificazione con la mente ci drena parecchie risorse cognitive che vengono sottratte alle azioni che svolgiamo ogni giorno e ai meccanismi con cui il corpo regola i processi interni.
Finiamo così per essere continuamente in riserva e questo crea le condizioni perfette per far patire mente e corpo, tra i quali evidentemente esiste un rapporto molto più stretto di quanto siamo disposti a riconoscere.
In che modo la scrittura ci può aiutare? Esternando le proprie preoccupazioni o mettendo nero su bianco pensieri, ansie e agitazioni essa ci aiuta a “scaricare la tensione cerebrale”. La mente si fa più leggera, interagisce in modo diverso con il corpo, alcune funzioni biologiche si regolano in modo diverso. Stiamo meglio e, sotto certi aspetti, creiamo le condizioni per fare della scrittura un’opera di auto-guarigione.
Scrittura, inconscio e destino
Ma c’è di più. Progettare contenuti, e poi scriverli, ci permette di disattivare il pilota automatico dei “devo”, dei “non posso” e dei “non so”, ma questo non è che l’inizio del viaggio all’interno del nostro microcosmo. C’è un altro aspetto della scrittura consapevole che incuriosisce e affascina: scrivere delle proprie emozioni in modo costante, libero e senza censure aiuta a entrare nel cosiddetto stato di flusso, una particolare condizione psicofisica che ci fa provare un appagante senso di benessere e concentrazione. Qualcosa che molti sportivi conoscono bene, perché li mette in grado di dare il massimo durante le performance più impegnative.
Lo stato di flusso è stato teorizzato dallo psicologo Mihaly Czikszentmihalyi, il quale per primo si è interrogato sui meccanismi mentali e psicologici che ci fanno percepire la vita come un’esperienza degna di essere vissuta. Lo stato di flusso è uno di questi: forse è il più importante momento tra quelli che generano in noi forme più o meno mature di consapevolezza e presenza genuina alla vita.
Arrestare gli ingranaggi ripetitivi del pensiero consente di esplorarci a fondo e, soprattutto, di accedere a quegli angoli bui dove abbiamo nascosto desideri profondi, risorse personali e potenzialità dell’animo. Poi, di rimando, ci obbliga a rimettere in ordine tutto questo materiale utilizzando il linguaggio, sistema di simboli che per sua natura razionalizza suggestioni, sensazioni ed epifanie.
Sotto questo aspetto, la scrittura diventa molto più di una terapia personale volta a farci gestire meglio le emozioni, perché può arrivare al punto da diventare una forma di meditazione e presa di coscienza.
Essa ci aiuta a entrare nell’inconscio e nel rimosso, promuove l’ingresso in stati più alti della coscienza, qualcosa che il rimuginio mentale non sa nemmeno immaginare. Infine, sulla via del ritorno, ci aiuta a mettere ordine e a razionalizzare parti di noi che fino a pochi attimi prima nemmeno conoscevamo.
Ci aiuta a trasformare il nostro inconscio in conscio: operazione fondamentale se non vogliamo che l’inconscio prenda il comando della nostra vita. Perché quando accade – come ci ricorda Carl Gustav Jung – poi ci tocca subirlo inermi e chiamarlo destino.
Piero Babudro
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