Vogliamo davvero parlare di Selfie Marketing?
/Vogliamo davvero parlare di Selfie Marketing? Bella domanda. Iniziamo così: “YouTube: 10 anni di grandi pubblicità” è la classifica creata dal popolare servizio per mettere in fila le migliori pubblicità degli ultimi 10 anni. Volkswagen: “The Force”, Volvo Trucks: “The Epic Split feat. Van Damme”, Dove: “Real Beauty Sketches” e Always: “#LikeAGirl” sono tra gli spot più virali della Rete, che i lettori più attivi sui Social Network non possono non aver incrociato almeno una volta, probabilmente condivisi da amici e contatti online.
Pubblicità bellissime e dal forte carico emotivo, progettate per essere virali e per raccogliere milioni di visualizzazioni. Pubblicità che si sono inchinate ad una sfida di selfie. Non proprio una sfida qualunque, dal momento che i due protagonisti erano i migliori atleti sul loro rispettivo sport: Leo Messi e Kobe Briant.
Kobe vs Messi: selfie shootout è la migliore pubblicità su YouTube del decennio
Advertisers would do well to take note: there’s no way to beat the celebrity selfie.
Lo spot della compagnia aerea Turkish Airlines non fa altro che puntare alle selfie estreme tra i due sportivi. Di fronte alla creatività e ai messaggi sociali degli altri spot, l’idea è quasi banale: mettiamo gli autoscatti di due vip nei luoghi più disparati per comunicare come l’azienda raggiunge più Paesi nel mondo di qualsiasi altra compagnia aerea.
Selfie nel Marketing
Quella dei selfie non è una mania, non può essere considerata solo o semplicemente una moda. Inutile girarci attorno: si tratta di un nuovo linguaggio, entrato a tutti gli effetti nella comunicazione ordinaria di ogni persona. In un universo dove la componente visual ricopre un’importanza chiave per ogni messaggio, così come per ogni iniziativa e strategia di comunicazione, le selfie come le emoji sono fondamentali per emergere, agganciare gli interlocutori e soprattutto creare un contenuto che le persone vogliono vivere e condividere.
Da Obama ai vip della tv, dai politici agli artisti, passando per il pontefice e per gli astronauti più famosi, l’usanza di scattare e condividere selfie è diventata tradizione con cui ogni persona può comunicare al mondo cosa sta vivendo un preciso momento. Si congela l’emozione e il contesto di un attimo per lasciare alla storia un ricordo indelebile.
Talvolta, all’interno dei selfie le persone, volontariamente o meno, inseriscono prodotti e Brand, oggetti di consumo, elementi della loro vita. Una bevanda o un gelato, un paio di scarpe o una borsetta, diventano un riferimento preciso con cui trasferire online l’immagine che pensiamo sia migliore per la nostra identità. Scatti spontanei o scatti stimolati dalle aziende, che fanno a gara per accreditarsi in uno spazio così ambito: il punto di vista di ogni persona su se stesso.
Eppure dopo la trovata di Samsung della notte degli Oscar, che ha generato il contenuto più retwittato della storia, gli occhi degli utenti sono attentissimi ad individuare come le aziende fanno proprio il nuovo linguaggio. Tanto che la famosa selfie del derby di Totti è stata oggetto di un fascicolo da parte dell’Antitrust per capire quanto la pubblicità occulta all’iPhone, il telefono utilizzato nella foto, fosse una casualità o un placement voluto.
Solo quest’ultimo esempio la dice lunga sul potenziale delle selfie, che negli ultimi due anni sono entrati nel linguaggio del marketing. Ma per coinvolgere i consumatori non è sufficiente pubblicare online degli scatti accattivanti. O invitare gli utenti a scattarsi selfie ricompensadoli con premi e omaggi. Nelle selfie che funzionano le persone devono sentirsi protagoniste, deve esserci divertimento e spontaneità. Il successo di questi contenuti passa per l’energia, la trasparenza e l’emozione delle foto. Per entrare nella nuova frontiera della pubblicità occorre capire e vivere il contesto.
Solo così il passaparola può diventare genuino ed efficace.
Tommaso Sorchiotti - Alessandro Prunesti
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